Rivaldo, che ha anche giocato del Milan, ha legato il suo nome alle prodezze compiute col Barcellona e con la maglia verdeoro del Brasile. Iconico, potente, letale: dal barrio di Encruzilhada ,dove vendeva gelati ai bambini della sua età appena finite le lezioni, fino ad arrivare al gotha del calcio, un extraterrestre per caratura tecnica e fisica. Miseria, ascesa, poi la Serie B brasiliana. Faceva queste cose qui, tra le altre: 

 

La carriera di Rivaldo: i successi al Barcellona e l’arrivo al Milan

Al Milan Rivaldo, all’anagrafe Rivaldo Vítor Borba Ferreira, ha vinto la Champions League, ma ha fatto poco: “Ancelotti mi umilia. L’ho capito ad Ancona, dove sono rimasto in panchina per tutta la partita. Se non gioco in queste occasioni, ho pensato, non giocherò mai le grandi sfide”.. A dicembre, 5.362 persone lo votarono bidone dell’anno, peggio anche di Gheddafi jr del Perugia. Ma la sua carriera, fino a quel momento, era stata ascesa continua: campione del mondo con la nazionale brasiliana, nella sua carriera con i club ha conquistato due campionati Paulista, un campionato brasiliano, due campionati spagnoli, una Coppa di Spagna, una Coppa Italia, tre campionati greci, due Coppe di Grecia, due campionati uzbeki, una Coppa dell’Uzbekistan, nonché una Champions League e due Supercoppa UEFA. 

 

Con la nazionale brasiliana ha vinto una FIFA Confederations Cup (1997), una Copa América (1999) e una Coppa del mondo FIFA (2002). Insomma, quanto a Palmarès è secondo a pochissimi. Inserito nei Fifa100, la speciale classifica dei migliori 100 della storia fatta da Pelé, non uno a caso, ha vinto anche il Pallone d’Oro nel 1999. 

 

Rivaldo, fine carriera e cosa fa ora?

In Brasile gioca con il Corinthians e conquista la Nazionale, poi il Palmeiras e il grande salto verso l’Europa. Per un anno lo prende il Deportivo, poi il passaggio al Barcellona: 5 stagioni da sogno, diventa una bandiera del club. Il passaggio al Milan, la vittoria della Champions, poi chiuso da Kakà decide di tornare in Brasile. Dove resterà poco: ancora Europa, in Grecia con Olympiakos e AEK. E da lì un passaggio nella Serie A uzbeka, torna di nuovo in patria al Mogi Mirim, di cui è presidente, poi al San Paolo ancora 5 reti e 30 partite. 

 

Il mondo è la sua patria: 21 presenze in Angola, in Africa, con il Kaburspor. Poi Sao Caetano, ancora in Brasile, e chiude la carriera nel suo club, il Mogi Mirim. Ma è solo una parentesi: a 43 anni torna a giocare con il figlio Rivaldinho, andando a segno con lui nella stessa partita, in Serie B brasiliana. 

 

Nel 2018, stavolta la carriera la termina davvero: diventa prima allenatore poi direttore sportivo del Charoub Mohammadia, club marocchino. Ultimamente, quando può, lancia strali variegati: “Triste che la 10 del Brasile vada a Paquetà”, “Non condivido l’acquisto di Braithwaite da parte del Barcellona, inutile”, “Lautaro non è una soluzione per i blaugrana”. Mai banale, né in campo, né fuori. Sempre letale, tagliente, funambolico Rivaldo.