Tra gli eroi dei Mondiali del 1982 ce n’è uno che spicca per gioventù e look: il suo nome è Giuseppe Bergomi detto Beppe, che le generazioni più recenti conosceranno magari come commentatore al fianco di Fabio Caressa. Prima di inforcare il microfono, però, Bergomi aveva gli scarpini addosso, giocando in difesa. Ed era in campo nelle formazioni ufficiali della finale del 1982.

 

Bergomi ai Mondiali dell’82: la storia

 

Partito da riserva, Beppe Bergomi ha finito per giocare le partite più decisive dai quarti di finale in su. Complici infortuni e squalifiche dei suoi compagni (da Collovati a Gentile), quel ragazzo allora diciottenne voluto in squadra da Bearzot si è ritrovato a giocare tra i grandissimi e a difendere con orgoglio, entrando anche nell’azione del gol di Tardelli in finale. Proprio prima di quella partita sembrava non dovesse scendere in campo contro la Germania…

 

«Sabato, dopo l’allenamento, Tardelli mi dice: domani prendi il biondo, che era Rummenigge. Io ero rimasto sorpreso, perché pensavo che Antognoni recuperasse dall’infortunio. Invece dopo il provino della domenica mattina, ho capito che sarebbe toccato a me. Finale in salita, perché a fine primo tempo avevo preso un colpo alla caviglia. Mi ha salvato il nostro massaggiatore, Giancarlo Della Casa, con una fasciatura perfetta. Ma a quel punto sarei andato in campo anche con una gamba sola», ha dichiarato a “Oggi”.

 

Perché Bergomi si chiama “zio”?

 

Curiosità: da dove deriva l’appellativo “zio” per Beppe Bergomi? Proprio dai Mondiali dell’82, o meglio: è stata l’avventura in Spagna ad averlo reso celebre con questo nome, affibiatogli da Giampiero Marini quando lo vide entrare a 16 anni con i baffi nello spogliatoio della prima squadra dell’Inter. «Ma tu quanti anni hai? Sembri mio zio». Da lì famoso il soprannome, con quel baffo che ha fatto successo anche ai Mondiali dell’82…