C’è una statua che svetta alla soglia del ‘Valdebebas’, centro d’allenamento del Real Madrid, è quella che raffigura Alfredo Di Stefano in ginocchio e con le braccia al cielo. Basterebbe partire da qui per raccontare la grandezza di una leggenda del calcio internazionale: la “Saeta Rubia” (la freccia bionda). Era soprannominato così un giocatore che per molti è stato il migliore di sempre, per alcuni anche meglio di Pelé o Maradona. È sempre un esercizio complicato mettere tutti d’accordo, ma ciò che conta è che stiamo parlando di un vero e proprio campione dei due mondi grazie al suo essere ancora oggi icona di club come il River Plate e, come detto, del Real Madrid. Ma vediamo nel dettaglio tutte le imprese di Alfredo Di Stefano, una storia calcistica unica nel suo genere.



Alfredo Di Stefano, leggenda trasversale dal Sudamerica alla Spagna



Argentino di nascita, madridista di adozione. Non è un caso che Alfredo Di Stefano nasca a Buenos Aires nel 1926 e morirà a Madrid nel luglio del 2014: proprio le due città simbolo della carriera di Don Alfredo, che comincerà la sua storia calcistica al River Plate, club in cui realizzò 49 gol totali in 3 anni, regalando ai suoi un ritrovato titolo di campioni d’Argentina.  Si esaltava nei grandi derby contro il Boca Juniors: pensate che in una gara del 1949 pur di aiutare i compagni in difficoltà numerica decise di indossare anche i guantoni da portiere, riuscendo persino a non subire alcun gol. 



Chi lo ha conosciuto e vissuto lo racconta come un personaggio poliedrico. Non solo anima e corpo al calcio, Di Stefano era sempre alla ricerca di emozioni forti, dentro e fuori dal campo: nel 1950 ad esempio scopre il calcio colombiano, intuendo che quello sarebbe potuto essere un Paese in cui poter guadagnare venti volte in più rispetto al River Plate. Una volta appurato, organizza un trasferimento lampo per giocare tre anni nei Millonarios di Bogotà.



Il Sudamerica comincia a stargli stretto, l’ambizione di Di Stefano è ormai troppo ampia per restare ingabbiata nei confini di un calcio ritenuto ancora inferiore rispetto a quello europeo. L’obiettivo da quel momento in poi sarà quello di trovare un grande club oltreoceano. Prima degli anni ‘50 si era promesso al Torino, ma alla fine scelse un altro paese d’Europa.  



Di Stefano e l’ipotesi Roma prima del controverso trasferimento al Real



Inizialmente il destino in Europa di Alfredo Di Stefano sembrava se lo debbano contendere Roma e Barcellona. Ma quando la società giallorossa decide di rinunciare al prospetto argentino per timore dei costi eccessivi da dover sostenere, il Barcellona diventa la prima candidata ad ingaggiare i gol e il talento di Don Alfredo. 200 mila dollari offerti al River Plate, perché la Fifa aveva invalidato il trasferimento ai Milionarios, club iscritto a un campionato a quei tempi non riconosciuto. Il Real Madrid invece decide di acquistarlo comunque dal club colombiano, creando una questione politica che la Federazione spagnola ha dovuto dirimere attraverso un compromesso: Di Stefano avrebbe giocato le stagioni 1953/54 e 1995/56 con i Blancos, mentre le 1954/55 e 1956/57 con i blaugrana. I malumori del club blaugrana e le conseguenti dimissioni dell’allora presidente Enric Martì, portarono alla rinuncia definitiva dei catalani. È così che Di Stefano in poche settimane diventò a tutti gli effetti un calciatore del Real Madrid per 5,5 milioni di pesetas spagnole.



Alfredo Di Stefano, i successi del Grande Real e i due Palloni d’oro vinti



Le Merengues vedono in Di Stefano il fuoriclasse decisivo per uscire dal buio di 20 anni senza successi. Ma Don Alfredo impiega diversi mesi per cambiare lo stile di gioco e il modo di pensare di un Real Madrid abituato in quegli anni ad affidarsi solo ed esclusivamente al contropiede. A volte Di Stefano fermava gli allenamenti, urlava per invocare transizioni più veloci, un gioco più corale e maggiormente palla a terra. Non a caso l’anno successivo firmerà 25 gol: preludio dei grandi successi personali e di squadra che arriveranno solo la stagione successiva.



Il Real Madrid torna a presentarsi sul grande palcoscenico della Coppa Campioni: la cavalcata fino alla finale di Parigi del 13 giugno 1956 è trionfale, ma per vincere il primo trofeo continentale servirà tutto il carisma di un giocatore unico come Di Stefano. E così che grazie alla sua doppietta il Real Madrid alzerà al cielo la prima coppa dalle grandi orecchie: il 4-2 allo Stade Reims è storico proprio come il suo protagonista assoluto. Che si ripeterà anche l’anno successivo, in una finale ancora più storica perché giocata per la prima volta nel nuovissimo Bernabeu: 2-0 alla Fiorentina con un rigore realizzato da Di Stefano e seconda Coppa dei Campioni in bacheca. Stavolta è impossibile non incoronare la Saeta Rubia come Pallone d’Oro della stagione 1957, riconoscimento che arriverà anche due anni più tardi dopo un’annata stellare, chiusa da Di Stefano con la vittoria della classifica marcatori della Coppa dei Campioni con 10 gol. Nel 1989 si aggiudicherà anche il Super Pallone d'Oro: una giuria composta dai lettori di France Football lo mette davanti a leggende mondiali del calibro di Cruijff, Platini e Beckenbauer. 




Di Stefano, il rapimento e quella doppia nazionalità



L’epopea del Grande Real e di Di Stefano termina quando la dirigenza delle Merengues gli offre un contratto da dirigente. Don Alfredo vuole continuare a giocare e dunque saluta Madrid dopo 642 partite e 405 gol per accasarsi all’Espanyol. Lì chiuderà la carriera da calciatore nel 1966 per iniziarne una altrettanto ricchissima da allenatore. Inoltre, nell’ultima stagione con la camiseta blanca, Di Stefano è stato protagonista di un clamoroso rapimento: un’azione puramente dimostrativa da parte delle Forze Armate di Liberazione del Venezuela, che fa irruzione nel ritiro del Real Madrid a Caracas e terrà Di Stefano in sequestro per tre giorni. Uno spavento non da poco, ma che il campione riuscirà a dimenticare ben presto. L’unico grande rimpianto di Di Stefano sarà la mancata presenza ad un Mondiale, nonostante si fosse contraddistinto, tra le altre cose, anche per un doppio tesseramento. Di Stefano sceglie prima di giocare per l’Argentina, vincendo la Copa América nel ’47 in Ecuador, poi ottiene la cittadinanza spagnola, ma è costretto a saltare il Mondiale con le Furie Rosse per uno sfortunato infortunio muscolare.