Tampering NBA: cos’è e come funziona
Il calciomercato è ormai caratterizzato da giocatori che, una volta raggiunta la scadenza naturale del proprio contratto, decidono di non rinnovare per trasferirsi a parametro zero in un altro club. In questo modo, oltre che poter decidere da soli il proprio destino svincolandosi così dalle logiche e le strategie di mercato, i giocatori possono concordare con il club uno stipendio al rialzo, visto che l’unica spesa per il trasferimento sostenuta dalla nuova squadra è relativa alle commissioni da corrispondere agli agenti e agli intermediari impegnati nella trattativa.
Ovviamente, a causa dell’agguerrita concorrenza, in pochi attendono il 30 giugno per iniziare la trattativa, ma i primi contatti avvengono diversi mesi (se non anni) prima, anche mentre il calciatore sta discutendo ancora il rinnovo con la propria squadra. Ma mentre nel calcio questa pratica è ormai universalmente accettata, anche se fuori da ogni regolamento, nel basket non è affatto così. Negli Stati Uniti infatti è stato coniato un termine ad hoc: “Tampering”, letteralmente voce del verbo “manomettere” oppure “compromettere” e che appare all’articolo 35 dello Statuto NBA. Scopriamo cos’è e cosa significa.
Cos’è il Tampering e come funziona
Lo Statuto, ovvero l’insieme delle regole vigenti in NBA, definisce il Tampering come “qualsiasi tipo di conversazione tra dirigenti, agenti, allenatori o giocatori sotto contratto con franchigie differenti, che abbia il fine di persuadere un atleta di un possibile trasferimento o che in qualche modo alluda a possibili sviluppi di mercato”. La violazione può avvenire sia tramite uscite pubbliche oppure attraverso conversazioni private, da sanzionare in ugual modo e misura.
Cosa rischiano le squadre NBA con il Tampering
L’NBA ha varato, nel corso degli anni, tutta una serie di norme anti-tampering, che vogliono contrastare il corteggiamento illecito dei club verso giocatori sotto contratto con altre squadre (specialmente quando i contratti sono vicini alla scadenza). Queste norme, generalmente, sono però state applicate poche volte e, proprio per questo, nel 2019, vista la regolarità nelle violazioni, la National Basketball Association ha inasprito le norme anti-tampering: le franchigie ora rischiano multe fino a 10 milioni di dollari, la sottrazione di future scelte al Draft, la sospensione per i dirigenti in questione e, in casi estremi, l’annullamento del trasferimento stesso.
Nel 2020, ovvero un anno dopo l’entrata in vigore delle norme, i Milwaukee Bucks incorsero nella sottrazione del diritto alla propria scelta al secondo giro del Draft 2022 e in una multa pari a 50 mila dollari per aver contattato e trovato gli accordi troppo presto con Bogdan Bogdanovic, giocatore annunciato esattamente un minuto dopo l’apertura ufficiale del mercato e in arrivo dai Sacramento Kings. La motivazione della Federazione fu quella di detrimento - ovvero che arreca danno - nei confronti della lega. Il tiratore serbo alla fine si trasferì agli Atlanta Hawks, ma la pena inflitta alla squadra del Wisconsin fu considerata, tutto sommato, leggera e il motivo, si legge sempre nelle motivazioni della sentenza, è da ricercarsi nell’impossibilità di dimostrare “l’evidenza del raggiungimento di un accordo (peraltro vietato) sui termini dell’affare”, oltre al fatto che “la squadra alla fine non ha messo sotto contratto il giocatore”. I limiti di applicazione delle norme anti-tampering sono infatti evidenti: vigilare su ogni conversazione tenuta dagli agenti, che il più delle volte rappresentano molteplici atleti, è a dir poco complicato, così come limitare i dialoghi tra gli stessi giocatori, che spesso hanno un rapporto che esula dal parquet, riguardo il mercato è pressoché impossibile. Il caso Bogdanovic, in ogni caso, non è stato l’unico tampering accertato.
I più famosi casi di Tampering
Nel dicembre del 2022 un’investigazione portata avanti dalla NBA ha decretato che i Philadelphia Sixers non potranno scegliere alcun giocatore nel secondo round dei Draft del 2023 e del 2024. Il motivo? La franchigia ha parlato con due free agent, PJ Tucker e Danuel House, prima dell’apertura ufficiale del mercato, prevista per l’1 di luglio. Ma la violazione non è stata considerata grave a tal punto da dover annullare i contratti firmati dai due giocatori. Un anno prima era toccato ai Miami Heat e ai Chicago Bulls essere puniti per Tampering, rispettivamente per i trasferimenti di Kyle Lowry e Lonzo Ball. Il playmaker era arrivato in Florida dai Toronto Raptors, mentre la guardia sbarcò in Illinois dai New Orleans Pelicans. Anche in questo caso però la NBA non comminò multe milionarie, ma si limitò a interdire a entrambi i club la seconda scelta ai Draft nell’anno successivo.
Il caso di Tampering che ha fatto più rumore però avvenne del 2019, quando l’allora allenatore dei Clippers, Doc Rivers, parlò di Kawhi Leonard in questi termini: “È la cosa più vicina a Jordan che io abbia mai visto. Ci sono tanti giocatori straordinari, ma lui è quello che più ci si avvicina. Non mi interessa chi è il migliore in assoluto, se sia Magic, Jordan o LeBron. Per me fanno tutti parte dello stesso gruppo”. Non era un mistero allora che proprio Leonard fosse il sogno proibito di Los Angeles, che voleva firmarlo da free agent nell’estate successiva, e queste parole non fecero altro che aumentare i sospetti della Federazione, che multò per 50 mila euro la franchigia, ribadendo ancora una volta come fosse assolutamente vietato qualunque tipo di commento su giocatori sotto contratto con altre squadre. Poco tempo dopo, una volta vinto il titolo con i Raptors, Leonard firmò con i Clippers. Quindi, tutto sommato, sono stati soldi ben spesi.