Cos'è l'Hack a Shaq e come funziona
Nella pallacanestro fare punti non è l’unica cosa che conta. In campo bisogna saper controllare tante cose, tra cui anche i centri che fanno più paura. Proprio per questo, nel corso della storia della NBA, sono state inventate diverse strategie che con il tempo hanno assunto un nome e un significato preciso. Oggi parleremo proprio della più celebre, l’Hack a Shaq, spiegando com’è nata e il suo funzionamento.
Hack a Shaq: che cos’è e da chi è stato inventato
L’Hack a Shaq, come si può intuire, è una tattica che è stata utilizzata per limitare l’ex campione NBA, Shaquille O’Neal. Shaq (come viene soprannominato) è stato uno dei migliori centri della storia della pallacanestro, nonché uno di più vincenti. Aveva però un solo problema: una pessima percentuale nei tiri liberi (52.7% in carriera). In cosa consisteva, quindi, l’Hack a Shaq? Nel fare dei falli intenzionali sul cestista (i cosiddetti “hack”) per mandarlo al tiro libero dove, molto probabilmente, avrebbe sbagliato. Con questa strategia, che viene adottata ancora oggi, la squadra avversaria limita il peso offensivo del giocatore bersagliato, gioca con il cronometro e ha buone probabilità di ottenere il possesso del pallone senza subire molti punti.
L’inventore di questa tattica è stato Don Nelson, ex coach di varie franchigie fra cui Dallas Mavericks e Golden State Warriors, che la sfruttò inizialmente per mettere in difficoltà i Chicago Bulls e Dennis Rodman (altro giocatore con una percentuale di tiri liberi al di sotto del 60%). Il nome di Hack a Shaq, infatti, spesso varia anche in base al nome di giocatore su cui si punta per mandarlo al tiro libero, ma il nome di O’Neal è rimasto nella storia per via della sua fama e anche perché con lui funzionava particolarmente bene. Tra le più recenti vittime c’è un altro giocatore dei Bulls (con un grande passato nei Los Angeles Pistons) come Andre Drummond. Nasce così, quindi, anche l’Hack a Drummond, ma nelle ultime stagioni è stata utilizzata anche sul due volte MVP Giannis Antetokounmpo. La cosa più importante? Che il giocatore preso di mira tiri quelle che in gergo cestistico vengono definite delle “mattonelle”.