A furia di gridare al miracolo per un pareggio a tempo scaduto come tanti nella storia dei gironi euro-mondiali, ignorando che probabilmente ci sarebbe bastato anche perdere 1-0 per intrufolarci negli ottavi attraverso la scappatoia dei ripescaggi, il miracolo è arrivato. Durante i novanta minuti in cui la Georgia ha sorpreso le non attentissime riserve del Portogallo, ci siamo soffermati più di una volta a immaginare come sarebbe stato il mood della serata se fossimo stati sentimentalmente coinvolti – e sicuramente il buon umore non avrebbe fatto da padrone. La formula delle migliori terze, mutuata direttamente dai non esaltanti Mondiali a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta, continua a far storcere parecchi nasi e forse ha inaridito lo spettacolo delle partite di terza giornata, però ha trasmesso una tensione che in alcuni casi è sfociata in finali-shock come quello di Italia-Croazia, Scozia-Ungheria e se vogliamo anche Ucraina-Belgio, con i fievolissimi Diavoli Rossi in bilico tra la voglia di vincere il girone (ed evitare la Francia) e la paura di perdere tutto, scossa alle fondamenta dalle ultime disperate ondate ucraine.

 

Per stare fuori dalle prime 16 squadre di un torneo da 24 bisogna proprio impegnarsi e in certi momenti è sembrata questa l'intenzione della Serbia, da anni naturalmente votata a una metodica opera di auto-sabotaggio, con le formazioni tutte diverse (e tutte rivelatesi poi sbagliate) del ct Stojkovic. Qualcuna è uscita tra gli applausi come l'Albania, finita in un gruppo per lei molto simile a una parete verticale. Qualcun'altra proprio non era a livello: per esempio la Scozia, che a lungo è sembrata la solita generosa squadra all’esordio in una competizione di calcio continentale, o la Polonia privata dal destino dei suoi migliori attaccanti a una settimana dal via. La Repubblica Ceca ha sbattuto contro il gigantesco Mamardashvili e meritava miglior fortuna, e invece ha perso per infortunio Schick prima della partita decisiva.

 

Il vero flop è quello della Croazia, che ha salutato una generazione dorata e probabilmente irripetibile nel modo più doloroso e meno croato che possiate immaginare: facendosi infilare due volte su due in pieno recupero, a difesa schierata, percependo il pericolo ma non riuscendo a fare nulla per respingerlo. Le lacrime di Luka Modric, e ancora di più lo sguardo terrorizzato in panchina dieci secondi prima che Calafiori iniziasse la sua fuga per la vittoria (anzi, per il pareggio), raccontano l'unicità di questo campione sconfinato che, in quella che è stata probabilmente l'ultima partita in Nazionale della sua carriera, ha fermato ancora una volta il tempo e ribaltato la logica: trenta secondi dopo aver sbagliato un rigore, ha reagito segnando un gol da seconda punta consumata.