L’Italia ritrova se stessa nel caos: sarà lo shock positivo di cui avevamo bisogno?
Si dice che una svolta, un salto di qualità o più banalmente l'inizio di una nuova avventura debbano necessariamente partire da un evento traumatico. Un “dolore”. “O tiene u' dolore?”, chiede – in una celebre scena di “È stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino – il maestro Antonio Capuano al giovane Fabietto che gli chiede lumi per iniziare una carriera da regista. Spalletti non parla napoletano, benché il dialetto non gli sia certo estraneo, e in questo pazzo Gruppo B, iniziato subendo il gol più veloce della storia della Nazionale italiana (Bajrami, 23 secondi) e concluso segnando quello più “tardivo”, la sua squadra ha avuto la fortuna e il talento di piazzare lei l'ultima botta, uno shock positivo che potrebbe chissà, speriamo, auspicabilmente innescare un circolo virtuoso di entusiasmo e consapevolezze a partire dalla knockout stage: come ci spiegano decine di esempi vicini e lontani, anche di queste cose è lastricata la seconda fase di un grande torneo per Nazionali.
Prima di immaginarci Italia-Svizzera sarà meglio fissare su tela i pochi concetti razionali emersi dalla maionese impazzita che a un certo punto era diventata Croazia-Italia, una partita che dall'inizio alla fine ha seguito il respiro dei nostri avversari. Era iniziata con due minuti di possesso palla croato più che sterile, nel chiaro tentativo di minimizzare il rischio nel primo tempo per poi accelerare nella ripresa, ed è in quei 45 minuti che Spalletti ha individuato il peccato originale: aver giocato “sotto livello”, ovvero al di qua degli abituali standard di qualità che hanno da offrirci Pellegrini, Barella, Jorginho, forse anche Dimarco. Sembrava il remake di Italia-Uruguay 2014, andata in scena esattamente dieci anni prima: un'avversaria sul viale del tramonto ma pur sempre scafata e irriducibile che ci incartava prima di colpirci con uno dei suoi tanti vecchi leoni. E quel vecchio leone era naturalmente Luka Modric, prima ipnotizzato dal solito gigantesco Donnarumma e poi libero di segnare, quaranta secondi dopo, grazie a una rilassatezza di reparto che ha fatto giustamente infuriare il nostro capitano. A quel punto il film era già visto, banale, scontato, e avevamo legittimamente iniziato a fare i conti dei ripescaggi un po' ignorando quello che accadeva a Lipsia, dove a quel punto andava in scena un affascinante delta tra la realtà e le statistiche. I numeri dicono che tra l'1-0 di Modric e l'1-1 di Zaccagni sono passati 43 minuti in cui gli azzurri non hanno mai tirato nello specchio della porta; un'analisi empirica risponde col fatto che l'Italia si è scoperta viva, estremamente confusionaria e approssimativa ma viva, con giocatori lanciati in campo come estrema scialuppa di salvataggio come Fagioli e Zaccagni che hanno trovato un posto e un senso all'interno di una squadra che era diventata indecifrabile, impossibile da disegnare su carta.