Il dominio tecnico della Spagna e lo spreco di talento dell'Inghilterra
Ha vinto la Spagna, e sarà il caso di esserne felici. In un Europeo sottotono dal punto di vista offensivo, appesantito dai flop degli attaccanti di maggior nome, la Roja ha trionfato in nome del gioco, del gioco, nient'altro che il gioco. Una forma di rispetto assoluto verso l'oggetto sferico del quale tendiamo ad appassionarci fin da bambini, che non può che farci enorme piacere: vedere un fresco diciassettenne come Lamine Yamal essere protagonista indiscusso di un Europeo senior mette in discussione secolari verità come il bisogno di “farsi le ossa” e mettere su chili per poter giocare ad alto livello, proprio nel giorno in cui inizia l'Europeo Under 19 in cui scenderanno in campo giocatori molto più grandi di lui.
Tuttavia, pur con un assist a referto, Lamine è stato uno dei personaggi periferici della finale di Berlino, bloccatissima tatticamente per i primi 45 minuti, in cui le frecce spagnole si sono rivelate appannate dalla stanchezza e dalla tensione e i ragazzi di Southgate hanno snocciolato il piano-gara che conoscono meglio, probabilmente l'unico: difendersi a oltranza finché il risultato rimane 0-0, minimizzare il rischio e dedicare tutti i giocatori al sacrificio, da Bellingham in giù. Sia pur finito negli highlights di fine torneo per la straordinaria rovesciata contro la Slovacchia, Jude è una delle grandi vittime di Euro 2024: vittima non di sé stesso ma da una condotta di gara sin troppo cinica da parte del suo ct, mosso probabilmente dall'ossessione – largamente condivisa da milioni di tifosi – di alzare quella maledetta coppa, non importa come.
Lo prova anche l'attenzione particolare rivolta a dettagli utilitaristici come la convocazione di due o tre rigoristi ad hoc oppure, più in generale, il fatto che l'Inghilterra sia sempre andata in svantaggio 1-0 nei quattro turni a eliminazione diretta e dopo abbia sempre iniziato a giocare molto meglio di prima: una dimostrazione di spirito e forza d'animo, senza dubbio, ma anche la confessione che si poteva esprimere un calcio assai superiore con tutto quel ben di Dio a disposizione (panchina compresa). È successo anche ieri: dopo un primo tempo senza emozioni, chiuso dalla stoppata da NBA di Rodri su Kane che è costato al fuoriclasse del City l'infortunio che lo ha tagliato fuori nella ripresa, la Spagna ha stappato la finale “alla spagnola”, con una splendida combinazione Carvajal-Lamine Yamal-Nico Williams (senza dimenticare il movimento “a portar via” di Dani Olmo).
A quel punto, dicevamo, l'Inghilterra si è messa a giocare. Ha sbandato per dieci minuti, rischiando tre volte di subire il 2-0 (decisivo Pickford su Yamal), poi i cambi di Southgate l'hanno riveduta e corretta. Il primo doloroso ma inevitabile: fuori capitan Kane, ancora una volta in difficoltà al cospetto di una grande partita, e dentro il talismano Watkins. Il secondo finalmente coraggioso, per forza: fuori Mainoo e dentro la qualità non negoziabile di Cole Palmer, che ci ha messo meno di cinque minuti per farsi trovare pronto all'appuntamento sulla splendida sponda di Bellingham e inchiodare Simon da fuori area. Proprio Jude, a questo punto, sembrava molto carico: assecondando la sua natura da predestinato alla Jordan, aveva una gran voglia di proclamarsi migliore in campo. Date tutti i palloni a me, sembrava urlare in ogni suo gesto; ma a quel punto l'Inghilterra s'è di nuovo rattrappita, come spaventata dall'essere tornata a contatto con la possibilità di vincere, e ha rialzato le barricate.
Basta sapere un minimo di calcio per sapere che questo tipo di atteggiamento paga ben poco contro squadre brillanti e organizzate come la Spagna, che andrebbero semmai aggredite come ha fatto la sfortunata Germania ai quarti: dopo un'altra occasione per Lamine Yamal, sventata da Pickford, il gol decisivo è arrivato in maniera inconsueta, con gli inglesi che dopo tanta ordinata difesa si sono fatti cogliere sbilanciati e si sono fatti infilare da due soldati semplici come Marc Cucurella, esterno del Chelsea, e Mikel Oyarzabal, fantasista della Real Sociedad che a quest'Europeo aveva già dato il suo contributo con il gol di Merino al 119' contro la Germania. Oyarzabal è stato il decimo giocatore diverso ad andare in gol per la Spagna in sole sette partite: la certificazione che questa squadra, di qualità individuale probabilmente inferiore alla batteria di punte e trequartisti a disposizione di Southgate, fino alla fine ha trovato sempre il modo. Festeggia De La Fuente, un nuovo Luis capace di portare la Spagna sul tetto d'Europa sedici anni dopo Aragones a Vienna nel 2008: la sensazione è che questa Selección, pur senza disporre della classe immensa di Xavi e Iniesta (ma chi ce l'ha?), abbia la freschezza e le idee per aprire un altro dominio tecnico nella storia del calcio per Nazionali.