Il calcio è un mondo in continua mutazione, un universo che evolve, accogliendo nuovi protagonisti e trasformando la natura stessa del gioco. Basti pensare a quanto rapidamente sono cambiate le cose in Serie A. Negli anni ’90 il campionato italiano dominava l’Europa, i migliori giocatori del pianeta ambivano a giocare in Italia e i presidenti erano prima di tutto tifosi pronti a tutto per vincere. Il calcio aveva completato la sua metamorfosi: la passione non era più sufficiente, il business, invece, necessario. Nel corso del tempo questa frattura si è fatta sempre più netta e il nostro campionato è rimasto indietro, al pari de La Liga spagnola o altri tornei continentali. Solo la Premier è emersa, soprattutto grazie a una visione di insieme che ha permesso di vendere il proprio brand (e i diritti tv) in modo unitario grazie a una Federazione che non tutela soltanto le grandi squadre ma fornisce anche alle piccole i mezzi economici necessari per alzare il livello generale del campionato. 

 

 

La redistribuzione delle risorse insomma ha giocato un ruolo fondamentale nella crescita del movimento calcistico inglese, e portato allo scoperto i grandi protagonisti del calcio moderno: i soldi. Nel mondo del pallone hanno cominciato ad investire sceicchi, miliardari, fondi di investimento. Capitali enormi che hanno portato squadre di medio livello fino al tetto dell’Europa: è successo con il Chelsea, con il Paris Saint-Germain, con il Manchester City e ora anche con il Newcastle. E proprio i Magpies hanno introdotto sulla scena calcistica mondiale un nuovo attore protagonista: l’Arabia Saudita. Oggi, infatti, è la Saudi Pro League a essere il campionato che investe più soldi di tutti

 

 

Ronaldo, Benzema, Neymar e non solo: cosa succede nel calcio arabo 

 

 

«Questo torneo sarà molto competitivo. Ho detto che lo sarebbe diventato entro tre anni, ma se continua di questo passo già nei prossimi mesi supererà facilmente i campionati turco e olandese. Dove va Cristiano c'è più interesse: è successo anche in Arabia, mi sento al 100% il pioniere e sono sicuro che presto verranno altri campioni», firmato Cristiano Ronaldo. Il fuoriclasse portoghese è stato il primo a trasferirsi nella Saudi Pro League lo scorso gennaio, quando lasciò tra le polemiche il Manchester United per accettare la milionaria corte degli sceicchi. Il primo, non il solo. L’estate 2023 sarà infatti ricordata per l’assalto arabo, continuo, strategico e sistematico, al calcio europeo. A occuparsene è il Pif, ossia il Fondo pubblico per gli investimenti dell’Arabia Saudita. È gestito direttamente dalla famiglia reale e ha come obiettivo dichiarato quello di diversificare il più possibile i propri investimenti, in modo da prepararsi per un futuro post-petrolio. Uno degli obiettivi principali, dunque, è stato proprio lo sport e, in particolare, il calcio. 

 

 

Il Pif, oltre a finanziare gli investimenti extra petrolio del Paese, è anche proprietario delle quattro principali squadre del campionato: Al Nassr (dove gioca Cristiano Ronaldo), Al Hilal, Al Ittihad e Al Ahli. A occuparsi del calciomercato non sono quindi i singoli club, ma direttamente lo stato saudita, che si accorda con i giocatori per poi “distribuirli” alle proprie squadre. I tanti campioni che sono arrivati in Arabia sono stati infatti acquistati da una delle società controllate dal Pif e raramente abbiamo sentito di operazioni riguardanti qualche altro club. L’eccezione, se vogliamo, è Steven Gerrard, chiamato ad allenare l’Al Ettifaq, che ha accolto poi il capitano del Liverpool, Jordan Henderson

 

 

In principio fu CR7, poi toccò a un’altra leggenda del Real Madrid: Karim Benzema, a cui l’Al Ittihad ha offerto un contratto di tre anni da 100 milioni a stagione. Cifre mostruose, che sono il vero comune denominatore di tutte le operazioni di mercato arabe. L’Al Hilal ha di recente accolto Neymar dopo aver chiuso l’affare Milinkovic con la Lazio e Ruben Neves con il Wolverhampton. Due operazioni che, se vogliamo, fanno più rumore dell’acquisto del brasiliano. Questo perché sia il serbo che il portoghese sono giocatori nel pieno della carriera che, non ancora trentenni, invece di provare il salto di qualità in un top club europeo hanno deciso di accettare i milioni sauditi. Una scelta professionale legittima, che pone certamente domande sullo stato del calcio nel vecchio continente, ma che è stata seguita da colleghi ancora più giovani come Roger Ibanez (24), Merih Demiral (25), Jota (24), Otavio (28) e ultimo Gabri Veiga (21), che al Napoli ha preferito l’Al Ahli e al cui annuncio Toni Kroos ha commentato con un eloquente: “Imbarazzante”. 

 

 

I colpi della Saudi Pro League 

 

 

  • Karim Benzema all’Al Ittihad
  • Neymar all’Al Hilal
  • Otavio all’Al Nassr 
  • Ngolo Kanté all’Al Ittihad.
  • Sadio Mané all’Al Nassr
  • Ruben Neves all’Al Hilal
  • Aleksandar Mitrovic all'Al-Hilal
  • Kalidou Koulibaly all'Al-Hilal
  • Fabinho all’Al Ittihad
  • Aymeric Laporte all’Al Nassr
  • Edouard Mendy all’Al Ahli
  • Merih Demiral all’Al Ahli
  • Marcelo Brozovic all’Al Nassr
  • Jota all'Al-Ittihad. 
  • Steven Gerrard (allenatore) all'Al-Ettifaq
  • Sergej Milinkovic-Savic all'Al-Hilal.
  • Allan Saint-Maximin all'Al-Ahli.
  • Seko Fofana all'Al Nassr
  • Alex Telles all’Al Nassr
  • Jordan Henderson all’Al Ettifaq 

 

 

Club di Saudi Pro League in Champions League? 

 

 

Difficile immaginare le prospettive future del calcio in Arabia. Finora gli investimenti non sono stati strutturali, ma guardavano al breve periodo. Non si investe sui vivai, si punta su campioni affermati che permettano di sponsorizzare il Paese al grande pubblico e di puntare a stravolgere il palcoscenico con qualche trofeo internazionale (la Coppa del Mondo per club FIFA su tutte). Non sorprenderebbe affatto però che in futuro le squadre saudite si affaccino anche in Europa. Il presidente della FIFA Infantino, da sempre in ottimi rapporti con il Medio Oriente, potrebbe infatti spingere per far ottenere alla vincitrice della Champions League araba una “wild card” per partecipare, nella stagione successiva, a quella europea. Si tratta per il momento di un’ipotesi, ma tutt’altro che inverosimile.