Quando si parla di Kobe Bryant è naturale parlare dei suoi successi, della sua grandezza sul parquet e, in generale, del suo incredibile talento nella pallacanestro. Per noi italiani, poi, è anche difficile nascondere l’orgoglio di averlo visto crescere qui tra Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia. Ma un’altra cosa è certa: se si apre un discorso su Kobe, è impossibile anche non menzionare il suo approccio alla vita e allo sport: la Mamba mentality. Ma cos’è nello specifico? Qui il significato e le frasi più famose di uno dei cestisti più famosi di sempre, tragicamente scomparso insieme a sua figlia e altre sette persone a causa di un incidente aereo nel gennaio 2020. 

 

 

Cos’è la Mamba mentality: il significato 

 

 

Quando si parla di Mamba mentality ci si riferisce alla filosofia di vita che Kobe Bryant ha da sempre fatto sua. Una mentalità che gli ha permesso di primeggiare non solo nel basket, ma anche nella vita. Nel corso degli anni, infatti, il suo pensiero è stato riutilizzato da tantissime altre persone che l’hanno sfruttata in molti altri contesti differenti dalla pallacanestro: altri sport, lavoro, cerchie sociali. La Mamba mentality è, a tutti gli effetti, un insieme di concetti utili per la crescita personale, soprattutto quando si parla di sicurezza nei propri mezzi. Si può riassumere nei seguenti punti:  

 

 

  • Non temere di fare errori
  • Ossessione per i dettagli
  • Fame di conoscenza
  • Allenarsi, allenarsi, allenarsi
  • Lo sforzo è sempre ripagato

 

 

Uno dei primi concetti che ha reso grande Kobe Bryant e, di conseguenza, la Mamba mentality è proprio quello legato al non avere paura di commettere errori: nel basket, e non solo, è importante provarci. Solo tentando quel tiro allo scadere del cronometro si potrà crescere e migliorare, a prescindere dal fatto che poi il pallone entri o meno all’interno del canestro. E questo Kobe lo sapeva bene: non ha mai dimenticato le quattro air ball messe in fila durante gara 5 dei playoff nel 1997 contro gli Utah Jazz. Fu l’unico a prendersi quelle responsabilità e quegli errori lo aiutarono a spingersi oltre i propri limiti e a migliorare in futuro.  

 

 

 

 

Questo perché Kobe è sempre stato ossessionato dal dettaglio: scendendo sempre più nel particolare ha capito quali erano gli errori che commetteva e, di conseguenza, cosa doveva migliorare. Inoltre, Kobe Bryant era un grande analista dei propri avversari: prima delle partite riguardava ore e ore di gioco degli altri giocatori, cercando di comprenderne potenzialità e possibili crepe. Osservando minuziosamente ogni movimento avversario, il cestista riusciva sempre ad arrivare più preparato dei compagni (e a volte del coach stesso) alla sfida.  

 

 

La fame di conoscenza, infatti, è sempre stato un altro punto fondamentale della Mamba mentality. Kobe Bryant si fece conoscere sin da subito per questo motivo da Michael Jordan. L’ex stella dei Chicago Bulls veniva costantemente tormentato dal giovane dei Los Angeles Lakers, che voleva conoscere ogni segreto del giocatore a cui si ispirava: lo stesso che poi avrebbe tentato di superare con il suo gioco. Jordan, che in quanto ad attitudine è stato un altro cestista enorme, aveva infatti compreso sin da subito le potenzialità di Kobe e decise di trattarlo come fosse un suo fratello minore.  

 

 

 

 

Quella di Kobe Bryant era fame di conoscenza per uno degli sport più belli del mondo, quello che lui ha amato con tutto sé stesso. E lo ha dimostrato allenandosi, sempre e ovunque. Alle 3 del mattino, di pomeriggio, a notte fonda: era il primo ad arrivare al campo d’allenamento e l’ultimo ad andarsene. Una forza di volontà giustificata dalla sua ambizione di essere sempre il migliore, anche perché lo sforzo ripaga sempre. E i suoi 5 anelli, i due ori olimpici e gli 81 punti messi a segno contro gli sfortunati Raptors nel 2006 ne sono una dimostrazione.  

 

 

Frasi Mamba mentality: le migliori di Kobe Bryant

 

 

Di frasi che racchiudono un po’ il senso della Mamba mentality dette da Kobe Bryant ce ne sono state molte nel corso della sua carriera. Qui ne riassumiamo alcune, forse le più iconiche, che sono state raccolte da giornalisti, televisioni e vari media durante e dopo i suoi incredibili anni passati con la canotta dei Los Angeles Lakers addosso. Le ultime due frasi, invece, arrivano direttamente dalla sua lettera “Dear Basketball” utilizzata per annunciare il suo ritiro dalla pallacanestro

 

 

È vero, a volte dico ciò che penso perché gioco ogni gara come se fosse l'ultima ed è frustrante vedere gli altri che non la pensano così. Se la squadra ha bisogno è necessario stringere i denti, anche con qualche infortunio”.

 

 

Sono praticamente inarrestabile. Quando la partita si mette male, i miei compagni sanno a chi rivolgersi”.

 

 

Frasi migliori di “Dear Basketball”, la lettera scritta per annunciare il ritiro dalla pallacanestro pubblicata su The Players’ Tribune nel novembre 2015: 

 

 

Cara pallacanestro, sin dal momento in cui ho cominciato ad arrotolare i calzettoni di mio papà e a immaginare tiri decisivi per la vittoria al Great Western Forum, mi è subito stata chiara una cosa: mi ero innamorato di te. Un amore così grande che ti ho dato tutto me stesso, dalla mia mente, al mio corpo, al mio spirito e alla mia anima”.

 

 

Ho giocato quando ero stanco e dolorante, non perché fossero state le sfide a chiamarmi, ma perché TU mi hai chiamato. Ho fatto qualsiasi cosa per TE, perché questo è ciò che fanno le persone quando qualcuno le fa sentire vive come hai fatto tu con me”.