Gioco della pelota: regole e storia, dai Maya ai giorni nostri
C’è uno sport, nato in America centrale più di 3000 anni fa, che nel tempo è stato praticato anche come cerimonia religiosa e che spesso si concludeva con sacrifici umani. È l’incredibile mondo all’interno del gioco della pelota, un’attività dalle mille sfaccettature, talmente tanto agonistico da sfociare spesso nel cruento. Quello che oggi è conosciuto anche come Ulama è uno sport lasciatoci in eredità da popoli come Aztechi, Olmechi e Maya che unisce concetti rintracciabili nella pallacanestro, nella pallavolo e nel calcio. Non sono mai state scritte delle regole ufficiali di un gioco che nel tempo ha assunto, in alcune zone del Sudamerica, pieno carattere religioso, a volte addirittura utilizzato come metodo alternativo alla guerra. Basti pensare che spesso si organizzavano delle partite per risolvere dei conflitti, con la fazione perdente che, in caso di sconfitta, prometteva di decapitare il proprio capitano. Una sorta di sacrifico per gli dei, in quest’incredibile sport che siamo pronti a scoprire nel dettaglio.
Il gioco della pelota, storia ed evoluzione
Fin dalla sua prima partita, il gioco della palla è sempre stato violento, anche senza necessariamente ricorrere al sacrificio finale. Una palla di gomma, dal peso di oltre quattro chili, provocava spesso infortuni molto gravi ai giocatori e non era una rarità, agli inizi, assistere addirittura a dei decessi. Anche perché i giocatori più forti, per dimostrare la propria bravura, rinunciavano alle protezioni per testa o corpo. In uno sport, che fin dalla sua nascita, era più inteso come un rito cerimoniale che simbolicamente andava a rappresentare il combattimento tra la notte e il giorno. Il terreno di gioco era un cortile all’aperto con costruzioni a forma di I o due T, unito nella sua parte centrale: intorno una serie di bassi muretti dove venivano aggiunti degli anelli in cui segnare. L’obiettivo era quello di far passare la palla attraverso i muretti, puntando a quelli che oggi chiameremmo canestri, ma che in realtà erano dei cerchi in pietra posti in orizzontale e non in verticale come nel basket.
Le regole del gioco della pelota
Ripercorrendo il modo in cui in Messico o negli stati di Nayarit e Sinaloa veniva praticato il gioco della palla mesoamericano, possiamo riportare delle regole che non sono mai state chiarite fin in fondo. Comunque sia, due squadre di dieci giocatori si schierano su un campo lungo 50 m e largo 20. Oggi il pallone è di plastica, chiaramente nulla a che vedere con quello raccontato poco fa e che risale soltanto alle origini di questo gioco. L’obiettivo è quello di far viaggiare la palla su pareti laterali che presentavano piani inclinati per farla rimbalzare. Non è permesso l’uso di mani o piedi e il gioco si sviluppa attraverso colpi di anca. Il tocco coi fianchi o con le cosce permette così di portare la palla nella zona avversaria così da ottenere un punteggio attraverso il “canestro” e decretare così il vincitore della partita. Non pensate fosse semplice però: i cerchi di pietra potevano essere alti fino a 6,1 metri da terra. Dato che far passare la palla attraverso il canestro era poco comune, una squadra poteva anche segnare punti colpendo uno dei sei marcatori lungo i bordi del campo. Nessuna possibilità di far toccare il suolo alla palla, così i giocatori spesso si tuffavano per evitare di perdere punti.
Il gioco della pelota ai giorni nostri
Ancora oggi, in alcune aree circoscritte del centro America, gli indigeni giocano due moderne versioni dello sport praticato dai loro antenati, il tlachtli e l’ulama, anche se con palloni molto meno pesanti e senza la cruenta conclusione sacrificale. L’ulama, nello specifico, è la versione in chiave moderna del gioco della palla mesoamericano: uno sport molto praticato a Sinaloa, nel nord-ovest del Messico, che ha come protagonista una palla di gomma che viene colpita solo con l’anca ed è simile alla pallavolo ma senza rete. Il gioco della Pelota, conosciuto anche come Maya Ball, nel 2017 è stato protagonista in Guatemala con la seconda edizione della Coppa del mondo.