George Foreman è una delle figure più emblematiche nella storia del pugilato, un uomo che ha saputo riscrivere la sua carriera anche dieci anni dopo il suo ritiro. Nato il 10 gennaio 1949 a Marshall, Texas, Foreman è conosciuto non solo per la sua forza devastante, ma anche per la sua capacità di reinventarsi come atleta e come uomo. Alto 192 cm e dotato di un fisico imponente, George aveva uno stile di boxe aggressivo e potente, piuttosto elementare nella tecnica e nella strategia, ma supportato da una forza e caratterizzato da un’impressionante capacità di chiudere i match con colpi da KO che lo rendevano estremamente efficace. Il suo talento naturale, combinato con un’etica del lavoro ferrea, lo rese una delle stelle più brillanti del panorama pugilistico degli anni ’70. Ma la storia di Foreman non è solo quella di un pugile eccezionale; è la storia di un uomo che ha conosciuto il trionfo, la caduta e un incredibile ritorno che lo ha reso una leggenda immortale. 

 

George Foreman, l’ascesa: il predestinato del ring

 

La carriera di George Foreman iniziò con un crescendo di successi che sembrava inarrestabile. Dopo aver vinto a soli 19 anni la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968, battendo in finale il sovietico Kyle Chepulis prima del limite, Foreman fece il suo debutto nel pugilato professionistico nel 1969. Da quel momento, il giovane texano inanellò una serie impressionante di vittorie: ben 40 incontri consecutivi, di cui 37 conclusi per KO, un risultato che confermava la sua fama di macchina da guerra sul ring. 

Tra i match più significativi di questa fase c’è sicuramente quello contro Joe Frazier nel 1973, quando Foreman conquistò il titolo mondiale dei pesi massimi. In quell’incontro, Foreman si impose con una dimostrazione di forza brutale, mandando Frazier al tappeto ben sei volte in due soli round. Un altro momento memorabile fu il match contro Ken Norton, nel quale Foreman vinse per KO tecnico, consolidando il suo status di campione invincibile. Questi risultati assumono un valore ancora maggiore se si pensa che, nello stesso periodo, entrambi questi pugili avevano battuto il prossimo pretendente al titolo, l’ex campione del mondo Muhammad Ali

Foreman sembrava dunque destinato a dominare il pugilato per anni. Ogni colpo sferrato dai suoi pugni era una sentenza; ogni avversario sembrava incapace di resistere alla sua furia. Il suo percorso sembrava inarrestabile fino al fatidico incontro con Muhammad Ali, che avrebbe cambiato per sempre la sua carriera. 

 

La caduta del campione: il mito di Foreman vacilla

 

Il 30 ottobre 1974, George Foreman affrontò Muhammad Ali in quello che è passato alla storia come il celebre "Rumble in the Jungle". Organizzato a Kinshasa, nello Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo), l’incontro era uno degli eventi sportivi più attesi di sempre. Malgrado entrambi i pugili fossero neri, Alì seppe incarnare lo spirito del pubblico africano, che aveva preso Foreman in antipatia, forse per un gesto simbilico che risaliva alle Olimpiadi del 1968, quando dopo aver vinto l'ultimo incontro, era rimasto per qualche minuto sul ring sventolando una piccola bandiera americana, pochi giorni dopo che gli sprinters Tommie Smith e John Carlos, durante la cerimonia di premiazione dei vincitori della corsa dei 200 metri, avevano sollevato un pugno chiuso avvolto in un guanto nero per denunciare il razzismo che caratterizzava la società americana.  

Foreman era il gigantesco campione in carica, imbattuto e favorito da tutti i pronostici, mentre Ali, più vecchio di lui, non sembrava poter contare sulla brillantezza che lo aveva reso il più forte di tutti solo qualche anno prima. 

Dal canto suo Ali aveva un piano che avrebbe scombussolato ogni aspettativa. Utilizzando la strategia del "rope-a-dope", Ali passò gran parte dell’incontro a schivare i colpi potenti di Foreman e a stancarlo, lasciandolo sfogare tirandosi indietro vicino alle corde. Con il passare dei round, la forza di Foreman iniziò a calare. All’ottavo round, Ali colpì con una combinazione fulminea, mandando al tappeto Foreman e strappandogli il titolo

La sconfitta fu devastante per Foreman, sia fisicamente che mentalmente, tanto che per anni accusò di essere stato drogato prima dell’incontro. Dopo quel match, la sua carriera non fu più la stessa. Sebbene continuasse a combattere, il pugile sembrava aver perso la sua aura di invincibilità. Nel 1977, dopo una sconfitta contro Jimmy Young, Foreman annunciò il suo ritiro. L’uomo che sembrava inarrestabile aveva abbandonato il ring, segnando quella che molti pensavano fosse la fine della sua carriera. 

 

Il ritorno dell’eterno campione

 

Dopo un decennio di inattività, durante il quale si dedicò alla religione e ad attività umanitarie, George Foreman fece un annuncio che lasciò il mondo dello sport incredulo: sarebbe tornato sul ring. Era il 1987, e Foreman aveva 38 anni, un’età in cui molti pugili sono ormai considerati al tramonto. Nonostante il tempo passato, Foreman tornò con una determinazione che lasciò tutti senza parole. Nel frattempo il suo peso era salito da 98 a 120 Kg, ma la sua potenza non sembrava essere venuta meno: lentamente, ma inesorabilmente, scalò di nuovo le classifiche, accumulando vittorie contro avversari più giovani e agili. Nel 1994, a 45 anni, Foreman sfidò Michael Moorer per il titolo mondiale dei pesi massimi. Moorer, di vent’anni più giovane, era il favorito, ma Foreman dimostrò ancora una volta di essere imprevedibile. Dopo aver subito per quasi tutto l’incontro, dimostrando ottime doti di incassatore, con un devastante pugno al decimo round, mandò al tappeto Moorer e conquistò il titolo, diventando il campione dei pesi massimi più anziano della storia. Dopo questa impresa straordinaria, Foreman continuò a combattere per qualche anno, ma nel 1997 decise di appendere definitivamente i guantoni al chiodo. La sua carriera si chiuse con un record impressionante di 76 vittorie (68 per KO) e solo 5 sconfitte

 

L’eredità di George Foreman

 

George Foreman non è solo un grande pugile; è un simbolo di forza, determinazione e capacità di reinventarsi. La sua vita è una lezione di resilienza, dimostrando che le sconfitte non definiscono un uomo, ma piuttosto il modo in cui reagisce a esse. Anche fuori dal ring, Foreman ha lasciato il segno come imprenditore, diventando un volto noto grazie al successo della sua "George Foreman Grill". La storia di Foreman è quella di un campione che ha saputo vincere due volte: la prima, con i pugni; la seconda, con la determinazione dei più grandi.