Piedi nudi sulla sabbia, tocchi morbidi e giocate spettacoli. Tutto questo è il Beach Soccer, uno sport in continua crescita sulle spiagge italiane di tutto il mondo. 100 federazioni affiliate, un viaggio che parte dal Brasile e che coinvolge i più importanti paesi in Europa. Altro che semplice passatempo estivo, il calcio sulla sabbia è una disciplina mondiale dal 2005 (con cadenza biennale) che ha catturato l’interesse di tantissimi appassionati. E anche se abbiamo imparato a conoscerlo grazie alle partite organizzate a metà pomeriggio in spiaggia, il Beach Soccer è molto di più per quello che rappresenta soprattutto per i paesi sudamericani, a partire da Rio de Janeiro, sulla sabbia d’orata di Copacabana.

 

 

La crescita del Beach Soccer in Italia ha un solo grande artefice: Maurizio Iorio, ex giocatore di Roma, Inter e Verona, che si è fatto promotore della crescita di una disciplina per pochi almeno fino al 1999. La sua grande conoscenza del mondo del calcio favorisce il coinvolgimento di molte stelle della sua generazione, catturando da subito l’attenzione mediatica decisiva. Da Baresi a Bergomi, poi Marchegiani, Nela e Tacconi, sono tanti i campioni che si avvicinano a questa disciplina che intanto si riuniva all’interno della IBS, l’Italia Beach Soccer, che rappresenta il nostro Paese nelle competizioni ufficiali attraverso i suoi giocatori più forti.

 

 

Come nasce il Beach Soccer?

 

 

Già dal dopo guerra, diversi quartieri di Rio de Janeiro si sfidavano sulle iconiche spiagge cittadine organizzando incontri amatoriali, spesso caratterizzati da regole riadattate rispetto a quelle che conosciamo oggi. Una crescita da non poter più sottovalutare e ignorare a partire dal 1992, quando viene stilato il primo regolamento da parte della Beach Soccer Worldwide, l’organo di governo che dal 2005 collabora con la FIFA. Tre anni dopo si assisterà alla prima competizione mondiale, con il predominio spesso incontrastato, da lì in poi, di quel Brasile che è patria di un gioco fisicamente durissimo e dall’esito sempre imprevedibile.

 

 

La sforzo a cui è chiamato il corpo di un giocatore è notevole. Correre avanti e indietro sulla sabbia richiama un impiego di energia non indifferente, soprattutto se abbinato alle caratteristiche tecniche che fanno spesso la differenza. Palleggi, colpi al volo, piroette, il pallone che prende direzioni diverse per via di un rimbalzo poco fluido, rendono il Beach Soccer ancora più speciale rispetto alle altre declinazioni del calcio (come ad esempio il Futsal). 

 

Beach Soccer: regole e misure del campo

 

 

Quando parliamo del Beach Soccer dobbiamo pensare a uno sport dinamico e ancora in continua evoluzione, testimoniato dai diversi cambi di regolamento apportati dalla Fifa negli anni. L’ultimo risale al 2021, tra nuove prescrizioni e chiarimenti necessari per un’applicazione delle regole più uniformi e comprensibili. Le novità apportate si sono rese subito portatrici di maggiore velocità nel gioco e più spettacolarità, con una media di nove gol a partita e un tiro in porta ogni 30 secondi. La bellezza di questo sport è che, date le difficoltà materiali a sfruttare il classico possesso palla, la partita raramente vive di lunghi rallentamenti. Si assiste spesso ad azioni continuamente ribaltate da una parte e dall’altra all’interno dei tre tempi da 12 minuti ciascuno in cui si sviluppa una gara. Non è previsto un finale in parità nel Beach Soccer: in caso di equilibrio si giocano i tempi supplementari di 3 minuti con golden goal (la squadra che segna vince) ed, eventualmente, i calci di rigori.

 

 

Il campo, delineato da quattro linee formate da nastro resistente, deve avere una lunghezza di 37 metri e una larghezza di 28. Le due porte in plastica larghe 5,50m ed alte 2,20m, rispetto al livello della sabbia, vengono difese dai classici portieri che, rispetto al calcio, possono raccogliere il pallone con le mani dopo un passaggio intenzionale di un proprio compagno di squadra, pur restando nei limiti di un’area di rigore di 9 metri indicata da due bandierine gialle poste in prossimità di ogni linea laterale. Ogni squadra è costituita da 5 giocatori, compreso il portiere, mentre la panchina conta dai 3 ai 5 possibili sostituti che possono alternarsi in campo coi titolari senza alcun limite. A dirigere la partita sono due arbitri, chiamati a vigilare sul regolare svolgimento di gioco, con punizioni da battere direttamente e senza barriera da chi ha subito poco prima il fallo. 

 

 

Il post carriera dei grandi ex nel Beach Soccer

 

 

Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, al giorno d’oggi vediamo spesso gli ex giocatori tuffarsi direttamente nel Padel. Una volta la successiva frontiera post carriera calcistica era per molti rappresentata dal Beach Soccer. Chiedetelo a Fuser e Lentini, oppure ad Aldair e Cesar, che hanno condiviso, in anni diversi, l’esperienza col Terracina, uno dei club più importanti del panorama italiano del Beach Soccer. C’è chi poi è diventato persino ct della Nazionale azzurra, come Massimo Agostini, ex calciatore di Milan e Roma, che ha guidato l’Italia del Beach Soccer prima da giocatore e poi da allenatore, fino a diventarne Capo-delegazione.  

 

 

Un percorso simile anche per Massimiliano Esposito, che dopo aver vestito le maglie di Napoli e Lazio colleziona 172 presenze e 16 reti in Serie A e 23 gol in 48 presenze con l’Italbeach, assumendone anche il ruolo di player-manager nel 2010 e sfiorando prima un Europeo e poi una medaglia d’oro olimpica nel 2015.