In ogni sport esiste almeno una leggenda. Da Pelé e Maradona nel calcio a Michael Jordan nella pallacanestro o Fausto Coppi e Gino Bartali nel ciclismo. Figure iconiche, la cui importanza riesce anche ad andare oltre l’aspetto agonistico. Nomi che vengono tramandati di generazione in generazione, destinati a essere incisi nell’immaginario collettivo di una comunità.  

 

Gli appassionati di baseball, in questo senso, non possono non conoscere Babe Ruth. “Il Bambino”, come veniva soprannominato ai tempi in cui giocava. Uno dei primi giocatori a entrare nella Baseball Hall of Fame statunitense, che ha segnato un'epoca nel primo Novecento. Una vera e propria icona degli anni Venti, tra imprese sul campo e una vita sregolata fuori.  

 

Babe Ruth, il bambino indisciplinato che amava il Baseball  

 

Georg Herman Ruth, conosciuto al mondo come Babe Ruth, nasce a Baltimora, nel Maryland, il 6 febbraio 1985 (anche se a lungo la data di nascita registrata era inesatta). Discendente da famiglia di immigrati tedeschi, la sua infanzia fu caratterizzata da un carattere fumantino tanto che, già a 7 anni, beveva e si era reso protagonista di alcuni furti nel suo quartiere. Il padre tentò in tutti i modi di farlo rigare dritto e, alla fine, lo spedì a una scuola di frati, la St Mary’s Industrial School for Boys. Qui, Ruth conobbe Padre Matthias che, nel tentativo di imporgli la disciplina, lo avvicina al Baseball.  

 

Dedicava ore agli allenamenti prima come ricevitore e, successivamente, come lanciatore. Venne impiegato per la prima volta in quel ruolo poiché, sempre per il suo carattere non semplice, durante una partita stava prendendo in giro il lanciatore della propria squadra. Fu proprio Padre Matthias che, per punirlo, gli impose il cambio di ruolo, nel quale tuttavia mise in mostra un talento fuori dal comune.

 

Fu lo stesso Padre Matthias, protagonista degli esordi di Babe Ruth, a segnalarlo al proprietario dei Baltimore Orioles, Jack Dunn. Nel 1914, all’età di 19 anni, Ruth fu ingaggiato ed è proprio qui che venne coniato il soprannome Babe, per i suoi atteggiamenti infantili. L’esordio da professionista arrivò nel mese di aprile e, a fine stagione, fu ceduto ai Boston Red Sox per problemi economici della sua squadra.  

 

Le tappe fondamentali della carriera di Babe Ruth

 

Babe Ruth fin dagli esordi con i Boston Red Sox mise in mostra il proprio talento, ma anche una certa versatilità. Inizialmente, infatti, veniva impiegato come lanciatore, ma poi fu spostato come esterno con buoni risultati. Dall’altra parte, tuttavia, c’era l’aspetto caratteriale che stonava un po’ con le sue doti: partita dopo partita, vedeva crescere il proprio peso e il suo girovita, tutt’altro che da sportivo, divenne quasi proverbiale. Malgrado ciò, il rendimento non fu compromesso e nel 1920 passò ai New York Yankees.  

 

Lo sbarco a Manhattan segnò una svolta nella sua carriera: si presentò ai training camp in buone condizioni di forma e, come esterno, fece registrare delle ottime statistiche offensive. Il suo Slugging Percentage (0,847), rimase imbattuto fino al 2001.  

 

Le sue doti di battitore furono anche oggetto di studio alla Columbia University. Studi che registrarono delle doti soprannaturali a livello di risposta agli impulsi visivi, decisive per renderlo l’incubo di tutti i battitori del baseball professionistico americano.  

 

I successi e gli eccessi  

 

Come detto in precedenza, Babe Ruth ha messo in luce fin dall’infanzia un carattere particolare. Nel 1914 si sposò con Helen Woodford, una cameriera conosciuta a Boston, la quale però non amava essere al centro dell’attenzione. E così quando Ruth raggiunse l’apice della propria notorietà, lei preferì allontanarsi e ritirarsi in una fattoria in Massachussets assieme alla figlia. Un allontanamento che non sfociò nel divorzio, ma che segnò la fine della loro relazione. Tra il 1922 e il 1929 Babe Ruth fu uno dei protagonisti della vita notturna in quel di New York, sfruttando la propria notorietà, tra alcol, buon cibo e donne.  Uno stile che, inevitabilmente, ebbe delle ripercussioni anche sul suo rendimento sul campo. Le sue percentuali si abbassarono e, contemporaneamente, veniva spesso squalificato per proteste nei confronti degli arbitri.

 

Nel gennaio 1929 la moglie Helen morì in un incendio e, pochi mesi dopo, Babe Ruth sposò Claire Merrit Hodgson, donna che riuscì a frenare l’esuberanza del giocatore che tornò a concentrarsi maggiormente sulla sua vita sportiva. Un momento di svolta cruciale nella carriera di Ruth. Sia chiaro: anche negli anni precedenti il rendimento era comunque d’eccellenza, tanto che gli Yankees vinsero tre volte le World Series, tuttavia il potenziale dell’atleta era ancor più elevato.  

 

Il famoso Called Shot di Babe Ruth

 

L’apice della carriera di Babe Ruth arriva in occasione delle finali delle World Series del 1932. I New York Yankees sfidano i Chicago Cubs, in un’atmosfera molto tesa. Le prime due gare, vinte dai newyorker, sono accompagnate da una certa animosità legate ad alcune storie passate, anche tra le dirigenze delle sue squadre.  

Il 1° ottibre del 1932, al Wrigley Field di Chicago, si disputa gara 3. Poco prima della partita, i tifosi della squadra di casa si sono riuniti nei pressi dello stadio e all’arrivo di Ruth, in compagnia della moglie, lo coprono di insulti, sputandogli contro. Un episodio che accresce il nervosismo, ma che aumenta l’agonismo di Ruth. La partita inizia e nel quinto inning, va in battuta. Guardando il lanciatore, fa un gesto per indicare il punto in cui andrà la palla dopo averla colpita. Non si saprà mai se fosse voluto o meno, ma la palla va proprio in quella zona. Fuoricampo e strada spianata per gli Yankees per il titolo.  

Il giorno seguente un giornalista utilizzò l’espressione “Called his shot” per parlare del gesto di Babe Ruth prima del fuoricampo. E da quel momento, il gesto atletico del nativo di Baltimora fu ribattezzato “Called Shot”. Tutt’ora è uno dei momenti più iconici della storia del Baseball.   

 

Babe Ruth realizzò il suo 714esimo e ultimo fuoricampo nel 1935. Al termine di quella stagione, annunciò il ritiro dal baseball professionistico. Morì a 53 anni di cancro alla gola.