In una sola immagine José Mourinho e le manette: l’allenatore portoghese si può sintetizzare in uno nei suoi gesti più celebri. Gesti proverbiali, frasi celebri, simboli e lotte intestine, Mourinho riesce sempre a creare una narrazione, un discorso pubblico mirato e strategico. 

 

La sua lunga carriera è costellata di successi e gesti eclatanti, forse quello delle manette è il più famoso ma non l’unico. Il suo obiettivo? Riunire intorno alla sua figura gruppo squadra, ambiente, perfino la dirigenza dei club che allena. E spesso questo diventa sinonimo di titoli (non “zero tituli”, altra frase sua), successi, e in generale risultati positivi. Ma cosa è successo davvero quel giorno? Andiamo a ripercorrere insieme il giorno delle manette di Mourinho. 

Le manette di Mourinho

Il suo gesto più famoso, le manette, quando lo avrà tirato fuori José Mourinho? Una finale di Champions League, nelle ultime giornate di campionato, con lo Scudetto appeso al filo? No, a dimostrazione che la strategia dello Special One si snoda per tutta la stagione, in un crescendo emotivo e comunicativo. 

 

Il messaggio che vuole veicolare Mourinho è sempre preciso, mirato, attento. Quel giorno, il 20 febbraio del 2010 a San Siro si gioca Inter-Sampdoria. Per quella partita il tecnico portoghese si becca 3 giornate di squalifica e 40mila euro di multa. 

 

A rileggere la sua biografia, sembra quasi di risentire alcune affermazioni piuttosto recenti dell’attuale allenatore della Roma: “Quando ero all’Inter... ho avuto sempre la sensazione che gli arbitri facessero contro di noi errori a catena. Ad un certo punto ho iniziato ad allenare la squadra a giocare in 10 contro 11, per essere pronti nel caso in cui avessimo perso un uomo per espulsione. Ma mi sono dimenticato di fare gli allenamenti in 9 contro 11, come contro la Sampdoria quando furono espulsi due dei nostri”.

 

Tutto parte dai 2 espulsi subiti dai nerazzurri in quel famoso Inter-Sampdoria, di cui agevoliamo il tabellino, ricco nella sezione “Espulsi”:

 

NTER-SAMPDORIA 0-0

 

INTER (4-3-1-2): Julio Cesar; Maicon, Cordoba, Samuel, Zanetti; Stankovic, Cambiasso, Muntari (80’ Lucio); Sneijder  (81’ Thiago Motta s.v.); Milito (71’ Pandev), Eto’o. A disposizione: Toldo, Khrin, Mariga, Quaresma. All. Mourinho 7

 

SAMPDORIA (4-4-2): Storari; Zauri, Lucchini, Gastaldello, Ziegler; Semioli (84’ Padalino), Poli (79’ Tissone), Palombo, Guberti (56’ Mannini); Pozzi, Pazzini. A disposizione: Guardalben, Accardi, Rossi, Scepovic. All. Delneri

 

ARBITRO: Tagliavento 

 

AMMONITI: Cordoba, Samuel, Eto'o (I); Lucchini, Pozzi, Pazzini (S)

 

ESPULSI: Samuel (I), Cordoba (I), Pazzini (S)

 

L’arbitro di quella partita è Tagliavento, e il gesto è duplice: rivolto a lui, che sarebbe “da rinchiudere” (deduciamo), oppure rivolto agli oppositori, il nemico, al grido di “dovete legarci” per farci perdere. L’Inter in 9 non perde, ma anzi al 78’ con Eto’o sfiora addirittura il colpaccio, con una ghiottissima occasione da gol sciupata. 

 

La prima espulsione di Tagliavento, quella di Samuel, è giusta: il difensore argentino è già ammonito, commette fallo da ultimo uomo su Pozzi (che Delneri ha piazzato fisso su Cambiasso, oltre a dargli ovviamente facoltà di offendere).

Il secondo rosso è più complicato da leggere: Cordoba, anche lui ammonito, stende sempre Pozzi che stavolta accentua. L’Inter è in 9 uomini nel primo tempo. Poi Pazzini si farà buttare fuori, equilibrando la partita in termini numerici. Il gesto di Mourinho non sarà visto da Tagliavento live, come racconta l’ex arbitro in una recente intervista al Messaggero.

Le parole di Tagliavento dopo le manette di Mourinho

 

Il protagonista del gesto iconico di Mourinho è Tagliavento? Difficile dirlo (anche se il riferimento nel libro sembra autorizzare questa lett, perché in quel momento il tecnico portoghese si gira verso i suoi tifosi, e mima il gesto delle manette. L'arbitro lo ricorda così:

 "Durante la partita non me ne accorsi perché lo fece quando non guardavo verso le panchine. Mi fu riferito dopo, ma pur restandoci male non me la presi perché le decisioni arbitrali erano state tutte corrette. Le scuse? Non sono mai arrivate, ma credo che rivedendolo anche lui non sia stato contento di quel gesto”.

 

Continua: "Credo che faccia parte del suo carattere e del suo essere allenatore: deve tenere sempre alta la tensione all’interno della squadra per garantirsi più del 100 per cento dai suoi giocatori. Sono certo che oggi, come allora, nessun arbitro di serie A si farà condizionare.