Sprecare ulteriore parole, spazi e discussioni sull’11 settembre 2001 che non siano silenzio è complicato. Difficile fare paragoni, ma di certo quel giorno ha spostato un po’ più in là la storia, ha di fatto inciso qualcosa di incancellabile. Gli eventi successivi ne sono dimostrazione, la commozione che ancora genera ne è prova. 

 

L’11 settembre 2001 per il calcio è stata l’ennesima occasione persa. In Italia erano le 14.46, nel giro di 1 ora e 42 minuti entrambi le Torri Gemelle rovinarono al suolo, colpite da due aerei dirottati da fondamentalisti. “L’America è sotto attacco”, queste le parole sussurrate a George W. Bush Jr in una scuola. Quel giorno, indelebile, si giocarono le partite di calcio. Era martedì, il giorno della Champions League. Il giorno dopo no: la UEFA annullò tutti i match del giorno successivo, compreso quello della Juventus contro il Porto, in Portogallo. Ma Roma-Real Madrid e Galatasaray-Lazio si giocarono, in un clima surreale. L’ennesima occasione persa per il calcio, nel nome di uno stantio “show must go on”, lo stesso leitmotiv dell’orrore dell’Heysel. Serate surreali, sguardi distratti, il pallone che gira ma non dovrebbe. Tutto questo nel giorno più duro. Ma andiamo con ordine. 

 

11 settembre 2001, Roma-Real Madrid

 

La Roma deve giocare una gara storica, attesa: arrivano le Merengues del Real Madrid, la capitale è in attesa, l’Olimpico promette di essere pieno, colorato, festante. La Roma ha appena vinto lo Scudetto, la stagione precedente, tra l’altro strappandolo ai rivali cittadini della Lazio. C’è voglia di impresa, di primeggiare contro una delle nobili della Champions League. A Roma nel pomeriggio le persone erano già in attesa, in tantissimi si erano già avvicinati allo Stadio Olimpico, che altrimenti si rischia di arrivare tardi all’appuntamento. Il presidente della Roma è Franco Sensi: capisce subito che l’11 settembre 2001 non verrà ricordato per una partita di calcio.

Dà immediatamente la disponibilità alla UEFA per rinviare. Anche Capello, allenatore della Roma, non voleva far scendere in campo la squadra. Vincenzo Montella, a Sky Sport, racconterà poi: “Eravamo basiti, incollati allo schermo, come tutti. Furono momenti di sgomento, ma noi dovevamo anche pensare al Real... e invece arrivammo allo stadio discutendo solo delle notizie che provenivano da New York". Non si rinvia, la UEFA deve decidere in poche ore, e sceglie di far giocare, nonostante i rischi, anche di emulazione degli attentati suicidi. La Roma perderà quell’incontro (2-1, la rete di Totti su rigore per i giallorossi), ma a nessuno importa. L’anno dopo giocherà a New York un memorial, proprio contro il Real Madrid. 

 

11 settembre 2001, Galatasaray-Lazio

 

La Lazio di Cragnotti si trova ad Istanbul quel giorno. In Italia nessuno vuole che si giochi: “Non si deve scendere in campo”, le parole di Franco Carraro, allora presidente di Lega, e Gianni Petrucci, commissario Figc. Non servirono a niente. La UEFA fu irremovibile: troppo rischioso spostare le partite “per motivi di ordine pubblico”, con la minaccia aggiuntiva del 3-0 a tavolino in caso di ribellione. Aigner, il segretario generale UEFA, è irremovibile. Almeno per 24 ore: il giorno dopo rinvierà tutto, compresa la Coppa Uefa del giovedì. 

 

La Lazio gioca in un clima surreale. Lo stadio del Galatasaray è l’Ali Sami Yen, è strapieno. Minuto di silenzio per le vittime dell’11 settembre: dagli spalti piovono fischi. In questo clima la Lazio, che ha acquistato in estate per 89 miliardi Gaizka Mendieta (uno degli ultimi tuoni della gestione Cragnotti, prima del fallimento) si muove sul terreno di gioco come imbambolata. In panchina c’è Dino Zoff, vecchia gloria del club, della Juventus e della Nazionale italiana: nemmeno lui voleva scendere in campo. A pochi minuti dalla fine il Galatasaray andrà a segno con Umit Karan, ma importa?

 

Porto-Juventus, 12 settembre 2001: non si gioca

 

La partita tra Porto e Juventus, a 24 ore esatte dall’11 settembre, non si è giocata. I giocatori erano già in Portogallo, vivono in hotel le notizie che arrivano dagli Stati Uniti. Non solo: a poche ore dall’attentato, nel panico, sono costretti ad evacuare l’hotel. C’è un allarme bomba, bisogna andare via di fretta. Nulla di fatto, per fortuna, l’emergenza rientrerà poco dopo.

Del Piero a Sky Sport ricorda quei momenti: "Sulle Twin Towers c'ero stato due mesi fa, pazzesco pensare che non ci siano più. Meglio non giocare, sicuramente: nessuno di noi è riuscito a concentrarsi sul calcio. E poi, magari fermarsi è un segnale che può servire". La Juventus aspetterà fino a mercoledì per sapere: la UEFA si prenderà tutta la notte e poi altre ore per poi rinviare tutti i match di mercoledì 12 settembre 2001 e giovedì 13 settembre. Sempre la Juve, di ritorno dal Portogallo qualche settimana più tardi, si imbatterà in un’esercitazione dei caccia francesi in alta tensione per l’Afghanistan. L’aereo bianconero dovrà cambiare rotta all’improvviso, con qualche momento di comprensibile panico.

 

11 settembre 2001 e gli altri sport

 

Poche ore prima, nella grande Mela, si giocava a tennis: Federer era stato appena eliminato da un certo Agassi, le finali di Flushing Meadows si svolsero a ridosso della tragedia, con le Williams protagoniste. Una questione anche di sliding doors: quel giorno, a New York, c’era il pluricampione australiano di nuoto, Ian Thorpe. Aveva vinto 6 medaglie d’oro a Fukuoka, in Giappone, e aveva deciso di prendersi la qualche giorno di ferie a New York. In quei minuti terribile stava per salire sulle Torri Gemelle: una dimenticanza gli ha salvato la vita. La macchinetta fotografica in albergo, Thorpe che torna indietro, e si salva.