La Grande Inter: formazione, trofei, partite celebri
La prima Grande Inter capace di imporsi a livello internazionale fu quella del presidente Angelo Moratti, del mago Helenio Herrera in panchina e di una delle più iconiche formazioni di sempre in campo.
Prima di quella del Triplete, di Massimo Moratti e Josè Mourinho, un’altra Grande Inter si pose sul tetto del mondo e dominò un triennio irripetibile: quella del Presidente Angelo Moratti, che vide in panchina “il mago” Helenio Herrera, uno dei più grandi allenatori di sempre, alla guida di una formazione formidabile composta da difensori rocciosi, giocatori di grande intelligenza tattica e fuoriclasse assoluti, con Sandro Mazzola a svettare su tutti.
La Grande Inter raggiunse risultati mai toccati prima da squadre italiane (come vincere la Coppa Intercontinentale) ed europee (come aggiudicarsi la Coppa dei Campioni da imbattuta). Eppure, l’inizio dell’avventura milanese del Mago non era stato incoraggiante: arrivato dal Barcellona nel 1960, Helenio Herrera aveva accumulato delusioni, su tutte quella del 1961-’62, con lo scudetto lasciato ai cugini del Milan e una polemica sul presunto doping nello spogliatoio nerazzurro. Così, quando nell’estate del 1962 era andato a guidare la Spagna ai mondiali in Cile, in pochi prevedevano il ritorno del tecnico sulla panchina meneghina, che sembrava destinata a Edmondo Fabbri. La storia andò diversamente e la vittoria del campionato successivo diede il via al mito della Grande Inter.
I trofei
Lo scudetto del 1962-63 è solo il primo dei trionfi della Grande Inter. Conquistato a Roma il 5 maggio, nello stadio e nella data che decenni dopo segnerà una delle pagine più tristi della storia interista, quel campionato segnò l’inizio di un’egemonia schiacciante. Nella stagione successiva l’Inter si impose anche in Europa, dove in finale di Coppa dei Campioni al Prater di Vienna piegò per 3 a 1 il Real Madrid di Di Stefano, vincitore delle ultime cinque edizioni del trofeo. In campionato, piazzatasi a pari merito col Bologna, l’Inter lasciò lo scudetto ai felsinei, che si imposero 2 a 0 all’Olimpico di Roma, nell’unico caso della storia in cui il titolo venne assegnato con uno spareggio. Tale delusione fu ben compensata nella stagione successiva, quando l’Inter tornò ad aggiudicarsi il titolo nazionale e soprattutto si confermò campione d’Europa a San Siro, battendo 1 a 0 il Benfica di Eusebio. Nello stesso anno arrivò la prima Coppa Intercontinentale al Bernabeu di Madrid, superando 1 a 0 gli argentini dell’Independiente, dopo che entrambe le squadre si erano aggiudicate il match sul campo di casa nei precedenti incontri.
L’Inter era campione del mondo ma non era ancora finita: nel 1965-’66 arrivò un altro tricolore, lo scudetto della “stella”, e malgrado dovette cedere al Real Madrid in Coppa dei Campioni, l’Inter strappò all’Independiente il secondo titolo mondiale. La stagione successiva però, segnò la fine del ciclo: lo stop agli stranieri dopo il disastroso mondiale inglese non permise a Moratti di tesserare due grandi campioni: il difensore tedesco Franz Beckenbauer e l’attaccante portoghese Eusebio. Malgrado ciò la Grande Inter sembrava in procinto di festeggiare un’altra stagione gloriosa, ma la sconfitta sul campo del Mantova all’ultima giornata fece sfumare lo scudetto, mentre nella terza finale di Coppa dei Campioni disputatasi a Lisbona, venne battuta 2 a 1 dal Celtic Glasgow. Si chiudeva una stagione senza trofei e nel 1968 Angelo Moratti ed Helenio Herrera avrebbero lasciato l’Inter, consegnandola alla storia come una delle squadre più forti di sempre.
La formazione della Grande Inter
La formazione della Grande Inter tradizionalmente ricordata è fra le più conosciute dai tifosi italiani di ogni epoca: Sarti; Burgnich, Facchetti; Bedin, Guarneri, Picchi; Jair; Mazzola, Milani, Suárez, Corso. Negli anni ci furono anche altri protagonisti, come il portiere che inizialmente fu Buffon; in attacco invece, a Milani si alternarono Hitchens, che fu capocannoniere, Di Giacomo e Peirò.
L’undici nerazzurro si basava su alcune intuizioni vincenti: una difesa accorta, con un solido Burgnich, il libero Picchi vero allenatore in campo e Facchetti, che bravo in entrambe le fasi, copriva interamente la fascia rivelandosi il primo terzino fluidificante del nostro calcio. A centrocampo e in attacco la differenza la facevano la tecnica di Suarez e Corso, la velocità di Jair, che in patria pagava l’avere davanti uno come Garrincha, e soprattutto il figlio d’arte Sandro Mazzola, talentuosissimo e in grado di portare sulle spalle un cognome ingombrante.
Le partite celebri
Della Grande Inter si ricordano partite leggendarie in campo internazionale.
Su tutte quella con cui ha conquistato la Coppa dei Campioni davanti a uno stellare Real Madrid. La difesa tenne a bada le sfuriate dei blancos e di Di Stefano, alla sua ultima partita col Real, mentre l’attacco fu pronto a sfruttare ogni spazio: al vantaggio di Mazzola al 42’ rispose un palo di Gento, ma al 61’ l’Inter allungò con Milani. Il Real Madrid reagì con orgoglio chiudendo l’Inter davanti a Sarti e segnando con Felo al 70’, ma dovette arrendersi quando ancora Mazzola in contropiede fissò il risultato sul 3 a 1. Una notte magica per Sandro Mazzola, che di fronte aveva anche Puskas, uno dei più temibili rivali di suo padre Valentino. Anche la successiva di Coppa dei Campioni regalò partite epiche: in semifinale la Grande Inter era crollata davanti al Liverpool e al ritorno doveva ribaltare il 3 a 1 dell’Anfield Road. Il 12 maggio 1965 però, 90.000 spettatori assisterono alla partita perfetta dei nerazzurri: in dieci minuti una punizione “a foglia morta” di Mariolino Corso e un gol d’astuzia di Joaquim Peirò, che rubò la palla al portiere mentre la faceva rimbalzare per effettuare il rinvio, portarono l’Inter al doppio vantaggio, mentre un contropiede in verticale, concluso da Facchetti, le diede il pass definitivo per la finale, che merita anch’essa di essere ricordata.
Giocata a San Siro su un campo impraticabile per pioggia, Inter-Benfica fu una partita brutta, segnata però dal destino che spesso aiuta gli eroi e che quel giorno passò per le mani del portiere portoghese Costa Pereira. Al 42’ l’estremo difensore lasciò passare un debole tiro di Jair, mentre successivamente si infortunò, e non essendo all’epoca previsti i cambi, lasciò i pali a un compagno. Il Benfica in dieci uomini non creò più pericoli: anche la sorte decretava che quella dovesse passare alla storia come la Grande Inter.