Il Grande Torino: la formazione, la storia e i record
In anni in cui il calcio in TV e le coppe europee non esistevano, c’era comunque una squadra italiana ammirata dai tifosi e temuta dagli avversari di tutto il mondo: si trattava del Torino, che per tutti diventerà il Grande Torino, capace di dominare la Serie A per cinque campionati consecutivi tra il 1942-‘43 e il 1948-‘49. Per avere davvero contezza di quanto i suoi risultati furono significativi, è sufficiente considerare che prima di questa epopea sportiva il Torino aveva vinto un solo campionato nel 1928 e una sola Coppa Italia nel 1935-’36, mentre i rivali della Juventus potevano vantare sette scudetti e due coppe nazionali: con il ciclo che si interruppe a Superga, il Torino vinse ogni competizione arrivando ad avere nella sua bacheca sei scudetti e due coppe nazionali.
Numeri che sarebbero stati certamente migliori se in quegli anni si fosse disputato il campionato 1943-’44, sospeso per motivi bellici, o la Coppa Italia, di cui il Torino si aggiudicò l’unica edizione organizzata. Ma soprattutto, se il tragico incidente aereo di Superga in cui persero la vita tutte e 31 le persone sul volo, non avesse interrotto bruscamente il ciclo di successi sportivi per dar vita a un mito intramontabile, che abbandonati per sempre i campi di calcio continuò a vincere in racconti, libri, film e canzoni: quello degli Invincibili del Grande Torino.
La formazione del Grande Torino
Anche se negli anni la formazione titolare del Torino subirà qualche modifica (ad esempio il portiere Bacigalupo dopo lo scudetto del 1942-’43 subentrò a Badoira per non lasciare più i pali), la formazione che tradizionalmente viene ricordata come il Grande Torino è quella dell’ultima partita disputata, il 3 maggio 1949 a Lisbona contro il Benfica, per un’amichevole di lusso fortemente voluta dal capitano portoghese Francisco Ferreira, che durante un incontro tra le rispettive nazionali, aveva strappato a Valentino Mazzola la promessa di disputare questo incontro.
La formazione del Torino (sconfitta per 4 a 3) era composta da Bacigalupo, A. Ballarin, Martelli, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola e Ossola, mentre a partita in corso entrarono Fadini e Bongiorni. Si tratta per la quasi totalità di giocatori che erano stati protagonisti di almeno quattro dei precedenti cinque campionati, con Grezar, Loik e soprattutto Valentino Mazzola che non uscirono mai dalla formazione titolare con nessuno dei quattro allenatori alternati sulla panchina granata, cui va aggiunto Ferraris II che, pur non disputando l’ultimo campionato, era stato una colonna della squadra durante i primi quattro campionati vinti, e che deve al suo trasferimento al Novara di Silvio Piola l’essere scampato alla tragedia di Superga.
La storia del Grande Torino
Dietro la costruzione del Grande Torino c’è soprattutto un nome: quello dell’imprenditore Ferruccio Novo, che assunse la presidenza della società nel 1939, organizzandola sul modello imprenditoriale che gli Agnelli avevano già utilizzato alla Juventus, circondandosi di uno staff di primo livello tra tecnici e consiglieri. Il primo acquisto importante è del 1940 ed è l’attaccante Ossola; l’anno successivo arriveranno tra gli altri il campione del mondo Ferraris II, Menti, il portiere Bodoira e soprattutto Gabetto, che i cugini bianconeri cedono dandolo per finito e che invece disputerà campionati di altissimo livello in granata. Nel 1941-’42 il Torino è già competitivo e finisce alle spalle della Roma, pagando la sconfitta con il Venezia di Loik e Mazzola: a fine campionato Novo li acquisterà entrambi, aggiungerà il mediano Grezar dalla Triestina e completerà una formazione destinata a vincere tutte le competizioni cui parteciperà.
La stella è sicuramente il numero 10, Valentino Mazzola, che in molti ritengono essere il più forte giocatore italiano di tutti i tempi, ma è tutta la squadra a essere formidabile e a dimostrare una superiorità tecnica sugli avversari come raramente si era vista. Alcune partite casalinghe vedono una sua supremazia tale che, per divertire il pubblico, il Torino adotta “il quarto d’ora granata”, giocando a basso ritmo in pieno controllo della gara finché non giunge uno squillo di tromba, proveniente dagli spalti: è il segnale che bisogna giocare con la massima intensità per quindici minuti, durante i quali spesso Mazzola e compagni ipotecano il risultato; tra i risultati più clamorosi i sette gol segnati alla Roma il 28 aprile del ’46 (con tre gol in tre minuti e mezzo) e la rimonta a spese della Lazio, che conduceva la partita per 3 a 0 e che i granata surclassarono con 4 gol in pochi minuti il 30 maggio 1948.
I record del Grande Torino
I numeri del Grande Torino sono impressionanti, sebbene il campionato fosse l’unica competizione ufficiale che potesse disputare (la Coppa Italia venne sospesa nel 1943, proprio con una vittoria del Torino, e riavviata solo molti anni dopo la fine della Guerra). I successi di questa squadra leggendaria sono stati interrotti bruscamente quando nulla faceva pensare che la sua parabola fosse finita: cinque scudetti consecutivi (bisognerà aspettare la Juventus di Conte e Allegri perché il record venga superato nel 2017), 125 gol segnati nel solo campionato 1947-’48, sei anni e nove mesi (88 partite) senza perdere in casa (record migliorato anche dopo la tragedia di Superga), record di reti segnate in un'unica partita (10 a 0 all’Alessandria nel 1948).
Ma non basta: in un’epoca in cui gli incontri internazionali vedevano impegnate quasi solo le nazionali, il Torino registrò anche un altro record destinato a durare ancora a lungo: l’11 maggio 1947, durante la partita Italia-Ungheria (i magiari all’epoca erano una potenza del calcio mondiale), complice anche un disguido che impedì allo juventino Parola di rispondere alla convocazione, sostituito da Rigamonti, il Ct Pozzo schierò dieci undicesimi del Torino, con l’unica eccezione del portiere (Sentimenti IV al posto di Bacigalupo, del quale era ritenuto più bravo sui calci di rigore). L’Italia sconfisse 3 a 2 i temibili avversari e i tifosi italiani poterono ascoltare le parole di Niccolò Carosio, che nei cinegiornali raccontava con orgoglio: “Oggi, il Torino è la nostra nazionale”.