
Fair Play finanziario: che cos'è, come funziona e perché viene usato?
Il “Fair Play finanziario” è uno di quegli strumenti che, negli anni, ha contribuito a creare il calcio che conosciamo oggi. La sua introduzione, che ormai risale a quasi 15 anni fa, era mirata a sanare uno dei grandi deficit dei club, incapaci di autogovernarsi senza generare debiti. Troppo spesso infatti capitava che squadre sparissero o fossero relegate in una crisi finanziaria senza fine. Questo era un problema che colpiva l’Italia, ma abbracciava anche l’Europa e c’entrava con il modo in cui le squadre di calcio e i loro presidenti approcciavano alla gestione di un club, con spese poco oculate in nome del risultato sportivo, mentre nascevano nuove logiche di calciomercato.
I prezzi dei cartellini si facevano sempre più alti, gli ingaggi crescevano di pari passo e nel mondo del calcio erano sbarcate superpotenze economiche dal portafoglio pressoché illimitato. Nel 2008 il Manchester City, tre anni dopo il Paris Saint-Germain. Lo sbarco nel calcio europeo di due club ricchissimi a questi livelli, che subito si dimostrano inevitabilmente molto attive sul mercato, tanto da creare un vero e proprio terremoto nello status quo del calcio europeo, impose alla Uefa una riflessione. Ne nasce quindi, proprio nel 2011, un pacchetto di misure che insieme forma uno strumento che vuole essere una guida e indicare i limiti, troppo spesso ignorati, economici necessari al benessere finanziario di un club calcistico: il Fair Play finanziario.
Fair Play finanziario, cos’è e come funziona
L’introduzione del Fair Play finanziario ha dominato e ridimensionato il modo di fare calciomercato in Europa. Si tratta di uno strumento che mira a estinguere i debiti delle società calcistiche, portandole a una gestione più sana e consapevole delle proprie risorse economiche. Per dirla in parole povere: l’obiettivo è non far spendere più di quanto un club guadagna, con la perdita in bilancio che non può superare i 5 milioni.
La Uefa ha approvato la sua introduzione già nel 2010, con il suo ingresso nel calcio europeo avvenuto, come detto, nel 2011. Da quel momento le squadre che si qualificano per le competizioni Uefa, al fine di parteciparvi nella stagione successiva, devono dimostrare di non avere debiti insoluti con altri club, giocatori o autorità di ogni tipo. Dal 2013 i club devono rispettare i requisiti di “break-even”, che richiedono alle stesse squadre di bilanciare ricavi e uscite e limitare così i debiti. A controllare il tutto è l’Organo di Controllo Finanziario del Club indipendente (CFCB), che ogni anno analizza i bilanci annuali di tutti i club impegnati nelle competizioni europee. Il Fair Play finanziario si è in ogni caso aggiornato nel corso degli anni, venendo anche incontro alle esigenze di un calcio in continua evoluzione, e sempre più oneroso, ma rimanendo fedele alla propria missione fondamentale.
Nel 2015 l’aggiornamento dei regolamenti apportata dalla Uefa ha voluto rilanciare l’incoraggiamento, indirizzato ai club, a investimenti più sostenibili e a un controllo più fiscale delle proprie spese. La giurisdizione della CFCB viene quindi potenzialmente ampliata, includendo ora non solo le squadre qualificate a competizioni Uefa, ma anche quelle che vorrebbero parteciparvi in futuro.
Fair Play finanziario, le possibili sanzioni
Tra qualche mese il Manchester City saprà cosa rischia con la sentenza di quello che in Inghilterra è stato già definito il “processo del secolo". Il club inglese si è dovuto difendere da 115 capi d’accusa presentati dalla Premier League e alcuni di questi, 5 per la precisione, riguardano proprio presunte violazioni del Fair Play finanziario tra le stagioni 2013/14 e 2017/18. Ma quali sono le sanzioni e le misure previste dalla Uefa se un club non dovesse rispettare i limiti imposti dal Fair Play finanziario?
In caso una società non rispetti le regole, sarà l’Organo di Controllo Finanziario dei Club a decidere le misure e le eventuali sanzioni da applicare. Una violazione delle regole non significa infatti l’automatica esclusione di un club dalla competizione Uefa a cui si è qualificata, ma a seconda di vari fattori esistono diversi tipi di provvedimenti:
- Avvertimento
- Richiamo
- Multa
- Decurtazione di punti
- Trattenuta degli introiti ricavati da una competizione Uefa
- Divieto di iscrizione di nuovi giocatori a una competizione Uefa
- Limitazione del numero di giocatori che si possono iscrivere a una competizione Uefa
- Squalifica dalle competizioni Uefa in corso di svolgimento o da quelle future
- Revoca di un titolo o di un premio conquistato
La CFCB ha inoltre spiegato di prediligere un approccio cosiddetto “riabilitativo”, piuttosto che punitivo. Questo ha portato quindi alla conclusione di numerosi “settlement agreement”, ovvero accordi tra club e la stessa CFCB, che combinano contribuiti finanziari ad alcune condizioni restrittive. È stato il caso ad esempio della Roma, che nel 2022 ha chiuso un accordo con la Uefa dopo aver riscontrato alcune violazioni del Fair Play finanziario.
Il nuovo Fair Play Finanziario
Il Fair Play finanziario, come detto, è in costante aggiornamento di pari passo al mondo del calcio. Nel 2023 sono state varate nuove regole, adeguate anche all’introduzione del nuovo format della Champions League che ha esordito nella stagione 2024/25, e che sono state spiegate direttamente dal direttore della Sostenibilità Finanziaria, Andrea Traverso: “Il deficit non può superare i 60 milioni. Le spese per stipendi, agenti e mercato non possono andare oltre il 70% del fatturato. Si arriverà a regime per gradi: 90% nel ‘23, 80% nel ‘24 e 70% nel ‘25. I debiti si pagano in 90 giorni”, ha spiegato a La Gazzetta dello Sport, “in più, se il capitale diventa negativo, va recuperato del 10% all’anno. I settlement di Milan, Juve, Inter e Roma riguardano solo il deficit: se non fossero in regola con debiti o costi, sarebbero sottoposti a nuova procedura”.