Il mondo del calcio è, storicamente, un mondo di uomini. Negli ultimi anni però, grazie anche a iniziative della Figc e alla volontà di molti club di Serie A di investire nel calcio femminile, in Italia si è sviluppato un movimento che oggi conta circa 31mila tesserate. Nel 2022 è arrivato un passaggio fondamentale: il Consiglio federale ha modificato all’unanimità le normative necessarie perché la Serie A femminile diventi, a partire dalla stagione 2022/23, a tutti gli effetti un campionato professionistico. Fino a quel momento infatti il calcio femminile, compresa la Serie A, era equiparato a quello dilettantistico. Di conseguenza i compensi che le società riconoscevano alle proprie atlete erano elargiti sotto forma di rimborso spese o accordi privati. Pur svolgendo di fatto un lavoro a tempo pieno, mancava un contratto che potesse garantire compensi previdenziali, tutele assicurative e contrattazioni collettive. Con il passaggio al professionismo, le calciatrici avranno uno stipendio minimo che varia a seconda dell’età.

 

Ma se quello femminile si sta affermando sempre più in Italia, c’è ancora un tabù da sfatare: le allenatrici nel calcio maschile. Gli esempi ci sono, ma sono sporadici e mai ai massimi livelli. E i motivi sono da ricercare purtroppo in una cultura chiusa e che favorisce i pregiudizi rispetto alle competenze.

 

Allenatrici di calcio maschile in Italia

 

In Italia il tabù è molto più forte che in altri paesi, tanto che l’unico esempio di allenatrice donna in un club professionistico maschile è arrivato dal campionato Primavera, ma è durato un solo anno. È il caso di Sandy Iannella, ex calciatrice convocata anche in Nazionale. A 36 anni Iannella chiude la sua carriera al Pontedera e, nell’estate del 2023, il direttore Emiliano Branca le affida coraggiosamente la panchina della Primavera 4, reduce da un nono posto e con grande voglia di rialzarsi: «Spero che tra qualche anno non faccia più notizia il fatto che una donna alleni una squadra maschile. E che un caso come il mio possa aprire la mente degli addetti ai lavori: quello dell'allenatore è un ruolo difficile a prescindere dal genere, che tu sia uomo o donna, al primo posto dev'esserci la competenza e non il sesso», aveva detto. L’annata è molto positiva, tanto che Iannella viene chiamata dalla Juventus. Non la prima squadra maschile, né la Primavera però. Iannella diventa vice allenatrice della squadra femminile.

 

Allenatrici di calcio maschile in Europa e non solo

 

In Europa, nel corso degli anni, ci sono stati diversi esempi di allenatrici nel mondo del calcio maschile. L’ultimo esempio è quello di Sabrina Wittman, prima donna nominata allenatrice nelle prime tre categorie del calcio tedesco. A soli 32 anni, Wittman è stata nominata tecnico, inizialmente ad interim, dell’Ingolstadt, squadra bavarese di terza serie, ed è stata poi confermata grazie agli ottimi risultati. Prima di lei Marie-Louise Eta, ex centrocampista tra le altre del Werder Brema, venne nominata, nell’autunno del 2023, vice allenatrice dell’Union Berlino, diventando la prima donna a sedere su una panchina della Bundesliga. La sua carriera era cominciata nel 2019 come collaboratrice tecnica delle nazionali giovanili femminili e da giugno era entrata nello staff tecnico di Marco Grote che, una volta nominato allenatore ad interim dell’Union, ha deciso di portarla con sé e promuoverla a suo vice. L’avventura a Berlino però si interrompe dopo una sola partita e Grote viene sostituito da Bjelica, salvo poi essere richiamato, e con lui anche Eta, nel giugno del 2024.

Un altro esempio, sempre in Germania, è rappresentato da Inka Grings, che si è seduta sulla panchina dell’SV Straelen, quarta divisione tedesca, per poi tornare al calcio femminile, prima con lo Zurigo e poi con la nazionale Svizzera. C’è poi Salma Al-Majidi, allenatrice sudanese che non potendo giocare decise di sedersi in panchina, arrivando a guidare l’Al-Ahly di Al-Gadaref. Helena Costa, invece è stata la prima donna a sedersi su una panchina maschile in Francia, quando nel 2014 allenò il Clermont.