“Troppe partite nel calcio” è l’allarme che da più parti inizia a sentirsi tra calciatori e allenatori. Negli ultimi anni in effetti, il calcio ha assistito a un'esplosione del numero di partite, tanto nei club quanto a livello internazionale. Già nel 2000, quando la Fifa in concomitanza della Coppa Intercontinentale sperimentò un nuovo Mondiale per club, gli allora Campioni d’Europa del Manchester United decisero di non iscriversi alla FA Cup per non dover disputare troppe partite.

 

Nel frattempo nel calcio si è assistito a campionati nazionali con un numero sempre maggiore di partecipanti (la Serie A è passata da 16 a 20 squadre in venti anni), la nascita di nuove competizioni come Nations League, Mondiale per Club e Conference League e i cambi di format delle Coppe europee, che hanno generato il sovraccarico dei calendari. Questa situazione solleva importanti domande sull'effetto che un calendario così intenso può avere sulla salute fisica degli atleti e sulla qualità del gioco. Molti calciatori e allenatori di spicco hanno espresso preoccupazione per l'aumento degli infortuni e per l'impossibilità di mantenere alti standard prestazionali con una mole così elevata di impegni.

 

Le troppe partite nel calcio: boom negli ultimi anni

 

Dall'introduzione della Nations League e dalla riforma delle principali competizioni europee, il numero di partite che un calciatore di alto livello deve disputare durante una stagione è aumentato notevolmente. A ciò si aggiungono anche le competizioni internazionali, come il Mondiale e la Coppa d’Africa, e i tornei continentali come l'Europeo. A titolo d’esempio, un calciatore del Real Madrid può ritrovarsi a giocare tra le 53 e le 72 partite ufficiali, senza contare gli impegni con la nazionale, che potrebbero far salire il totale oltre le 80 partite stagionali. Questo scenario si aggrava ulteriormente con l’introduzione del nuovo format della Champions League e del Mondiale per Club, che andrà a sovrapporsi ai calendari già congestionati.

 

La pandemia di Covid-19 ha contribuito a comprimere ulteriormente il calendario calcistico. A partire dalla stagione 2019-2020, le competizioni sono state condensate per concludere i campionati sospesi, generando una cascata di impegni continui nelle stagioni successive, con pochissimo riposo per i giocatori. Dall’avvio della stagione 2020-2021, i giocatori di élite hanno praticamente continuato a giocare senza una pausa significativa, con molti che hanno disputato competizioni europee, internazionali e di club senza interruzioni sostanziali.

 

Aumento degli infortuni collegato alle troppe partite?

 

Uno degli aspetti più preoccupanti dell’aumento delle partite è il rischio crescente di infortuni. Secondo il monitoraggio condotto dal sindacato internazionale dei calciatori (FifPro), più della metà dei giocatori nella stagione 2023-2024 è stata sottoposta a carichi di lavoro definiti "elevati" (tra le 40 e le 54 partite) o "eccessivi" (oltre le 55 partite). Il 17% dei calciatori ha superato la soglia critica di 55 partite, e uno su tre ha subito un infortunio dopo aver giocato più di sei gare consecutive senza adeguati periodi di riposo. Questo dato conferma un dubbio già sollevato da tempo: giocare con un ritmo così serrato rende inevitabile un incremento degli infortuni muscolari e articolari?

 

L’impatto a lungo termine potrebbe essere preoccupante. Jude Bellingham, giovane talento del Real Madrid, a soli 21 anni ha già giocato 251 partite da professionista, con una proiezione di ben 1224 partite nel corso della sua carriera se questo trend proseguirà. Al confronto, grandi calciatori come David Beckham e Frank Lampard alla sua età avevano giocato rispettivamente 54 e 93 partite. Vinicius Junior, a 24 anni, ha disputato 369 partite, mentre Ronaldinho alla stessa età ne aveva giocate solo 163.

 

Le troppe partite nel calcio secondo molti autorevoli esperti rischiano di sottoporre a una pressione estrema sui calciatori di oggi, che dovrebbero gestire carichi di lavoro molto superiori rispetto ai loro predecessori. L’assenza di periodi di recupero adeguati e la continua esposizione a gare ad alta intensità aumenterebbero il rischio di infortuni cronici, che potrebbero compromettere la carriera dei calciatori nel lungo termine. Intanto nelle ultime settimane Rodri si è rotto il legamento crociato nel corso del match contro il Liverpool, Marc-Andrè ter Stegen il tendine rotuleo contro il Villarreal, mentre in Italia già hanno compromesso la loro stagione l’atalantino Scamacca, lo juventino Bremer e il genoano Malinovskyi.

 

Le dichiarazioni di giocatori e allenatori

 

Sulle troppe partite nel calcio le voci dei protagonisti non hanno tardato a farsi sentire. Uno dei giocatori che si è espresso con forza sul tema è il difensore francesce del Liverpool, Ibrahima Konaté, che ha dichiarato: «È un tema che va trascurato. Alcuni club preferiscono non far partire i convocati per le nazionali. Bisogna capirli, ci sono troppe partite. Col Liverpool, non succede questo. I giocatori sono dipendenti del club, ma le nazionali hanno eguale importanza. Bisogna restare in forma per tutta la stagione ed è dura». Konaté ha anche ipotizzato la possibilità di uno sciopero da parte dei calciatori, qualora il problema non venga affrontato.

 

Anche giocatori di primo piano come Kylian Mbappé e Romelu Lukaku hanno rinunciato a convocazioni con la propria nazionale per evitare sovraccarichi fisici. Questo tipo di decisioni, impensabili fino a pochi anni fa, sottolineano quanto considerino critica la situazione e si sentano sottoposti a troppe partite.

 

Il capitano del Real Madrid, Dani Carvajal, ha espresso preoccupazione per l’impatto del calendario sul livello del gioco: «È impossibile essere al massimo delle capacità per più di 70 partite. Così la situazione è insostenibile e la qualità del gioco ne risente». Carvajal ha inoltre sottolineato come la FIFA abbia ulteriormente aggravato la situazione introducendo il Mondiale per Club in una stagione già logorante a causa dei nuovi format delle competizioni europee. Proprio Carvajal di recente ha subito un gravissimo infortunio con la la rottura di crociato anteriore, collaterale esterno e tendine popliteo del ginocchio destro.

 

Anche molti allenatori hanno denunciato il problema. Marcelo Bielsa ha avvertito: «Ignorare le conseguenze del numero di partite e delle trasferte finirà per causare infortuni agli atleti». In Italia è stato Maurizio Sarri, sin dalla sua prima stagione alla Lazio, a manifestare perplessità sui calendari sovraccarichi, sempre più difficili da gestire, con un impatto diretto sulla condizione fisica dei giocatori.

 

Tra le dichiarazioni più dure troviamo quelle di Kevin De Bruyne, centrocampista del Manchester City, che ha accusato Uefa e Fifa di pensare solo ai soldi: «Si gioca troppo, Uefa e Fifa pensano solo ai soldi». Le sue parole riflettono il malcontento diffuso tra i calciatori, che vedono la propria salute e benessere sacrificati sull’altare dei profitti generati dal numero crescente di partite.

 

A tal proposito ha avuto grande impatto la minaccia di Rodri: il centrocampista spagnolo ha infatti definito inevitabile uno sciopero dei calciatori di fronte alle troppe partite cui sono sottoposti.

 

Per tifosi e spettatori non ci sono mai troppe partite nel calcio, ma l’allarme di tanti protagonisti non può essere ignorato: resta da vedere se le istituzioni del calcio riusciranno a trovare un equilibrio tra esigenze economiche e la necessità di proteggere i giocatori.