Sono le 21.40,  29 maggio 1985 allo Stadio Heysel. Per terra ci sono trentadue italiani, quattro belgi, due francesi, un nordirlandese. E circa seicento feriti. Si tratta di una delle ferite più orribili del calcio: passerà alla storia come la strage dell’Heysel, indimenticabile per gli appassionati di tutto il mondo. 

 

La banalità del male si concretizza negli attimi successivi alla strage: Liverpool e Juventus scenderanno in campo regolarmente, la Juventus alzerà al cielo la Coppa Campioni, dopo una stagione deludente, un 6° posto in campionato, vinto dal Verona di Bagnoli. 

 

Juventus-Heysel, gli antefatti

 

Tutto parte con una scelta - reiterata, ripetuta, sbagliata - della UEFA. La finale di Coppa Campioni si gioca allo Stadio Heysel di Bruxelles. Si chiama come il quartiere, oggi non potrebbe ospitare un evento di tale portata. In passato sì, eccome: ne aveva già mandate all’archivio altre,  quella del 1958, del 1966 e del 1974 e dei Campionati europei del 1972.

 

La finale si dovrebbe giocare alle 20.15, tutto parte da quell’errore, ma è solo il primo di una serie di scempi organizzativi, di mala gestione della sicurezza e del servizio d’ordine che porteranno alla strage dell’Heysel. Lo stadio era inadeguato: senza vie di fuga, mal tenuto, fatiscente. Muri tra i settori fragili 

 

Ciò che porterà alla strage è un mix di scelte logistiche discutibili e col senno di poi scriteriate, superficialità, cattiva gestione della situazione e assoluta inadeguatezza del servizio d'ordine e dei sistemi di sicurezza dell'impianto. Quest'ultimo, nonostante una prima ristrutturazione avvenuta negli anni Settanta, era fatiscente e privo di vie di fuga adeguate. Il campo e le tribune, in particolare, erano mal tenuti.

 

I muri che dividevano i vari settori, poi, erano vecchi e fragili, tanto che capitava di frequente che cadessero dei calcinacci. Lo scarico dei servizi igienici colava dalle stesse pareti, rendendo queste ultime ancora meno resistenti.

 

La vendita dei biglietti - 60mila posti disponibili - procede a gonfie vele, forse troppo. E la scelta - sempre della UEFA - dei settori riservati ai tifosi delle due squadre è sbagliata. Di nuovo. Sceglie di destinare un settore, lo Z, ai tifosi neutrali, non sei gruppi organizzati. Saranno perlopiù i tifosi Juve a prendere quei biglietti. Peccato che questo settore cuscinetto sia separato da quello dei famigerati “hooligans” del Liverpool solo dalle reti contenitive e fragili barriere. Le due società polemizzano nei giorni precedenti alla sfida con la UEFA, senza risultati. 

 

Una volta nello stadio, ci si rende subito conto che qualcosa non va. Il settore Z è pieno di famiglie, bambini, tantissimi anziani. Il tifo organizzato inglese è folto, troppo folto: sono stati venduti molti più biglietti di quanto i settori riservati ne possano contenere.

 

La strage dell’Heysel



Poco prima del match i tifosi inglesi, arrivati a Bruxelles in numero enorme, decisamente superiore alle aspettative e ai biglietti venduti, si ubriacano ma non danno vita ad episodi di tensione, se non una rapina e poco altro. In Curva arrivano i tifosi inglesi: i controlli non bastano, entrano circa 6000 supporter senza biglietto. 

 

E sono violenti: ultrà del Chelsea di estrema destra, membri di organizzazioni neonaziste come il Combat 18 e il National Front. Sono violenti e col mito degli scontri allo stadio, tradotto nei fatti cruenti di anni di guerriglia vicino agli impianti inglesi. Alle 19.20 il dramma. Il settore Z non è difeso granché: una rete di contenimento fragile, una serie di poliziotti più simili a vigili urbani che a truppe anti-sommossa che di regola presidiano i settori caldi degli stadi di tutta Europa. E un muro, un maledetto muro a delimitare una parte del settore. 

 

I tifosi inglesi, altra premessa, erano carichi d’odio. L’anno prima a Roma si erano scontrati a lungo contro gli ultras romani, erano stati caricati dalla polizia italiana, avevano vissuto una finale - poi vinta dallo stesso Liverpool ai rigori - cupa e piena di rabbia. Vedendo i tifosi della Juventus a tiro, prima li bersagliano coi cori, poi mettono in atto la “'take an end', 'prendi la curva'. Vogliono il settore Z, e cominciano a caricare con forza le reti di recinzione. 

 

Ci sono solo 5 poliziotti: alla terza carica le reti crollano, da tempo il lancio di bottiglie e oggetti ha già bersagliato i tifosi bianconeri. A quel punto c’è già poco da fare. I cancelli che hanno fatto entrare i tifosi nel settore sono sbarrati. In campo non si può scendere: i poliziotti a cavallo manganellano a vista. I tifosi della Juve si schiacciano e si affollano in basso, vicino al muro, braccati dagli ultras del Liverpool, che picchiano chiunque riescono ad afferrare. 

 

Sotto quel maledetto muretto c’è il vuoto, lo spazio di separazione tra il settore Z e la Curva. Sotto la pressione dei tifosi della Juventus disperati, schiacciati dai tifosi del Liverpool e dagli stessi connazionali, nel panico, il muro crolla. E si porta dietro decine di tifosi, che voano di sotto. Altri vengono schiacciati, altri vengono calpestati da tifosi in preda al panico. Si salva solo chi è già riuscito a saltare giù, è una strage. 

 

Dopo 30 minuti, a disastro già avvenuto, col settore già campo di battaglia, arriva un reparto mobile della polizia belga. Di fatto è troppo tardi: caricano i tifosi del Liverpool e li rimandano in curva, contengono la reazione di rabbia del tifo organizzato Juve, che vuole rispondere e attaccare i rivali, sentendo i discorsi di morte dei pochi sopravvissuti che sono riusciti a raggiungere la Curva bianconera.

 

Altro errore, orrore, ancora organizzativo: non c’è reparto di rianimazione all’Heysel, i feriti che arrivano dalla mattanza non possono ricevere i soccorsi. Di fronte all’orrore, non si capisce bene quanto sia grave quello che è successo. O forse si capisce, ma si finge di non capire. Per motivi di ordine pubblico, per timore di lunghi scontri nella capitale belga, il fischio d'ìnizio viene rinviato di un'ora e 25 minuti, ma si gioca. Le due squadre non vogliono scendere in campo, sanno cosa è successo, ma molti settori dello stadio ancora non hanno ben capito la gravità della situazione. Senza cellulari, senza Internet, con la cancellazione della finale tutto l’orrore sarebbe apparso come era, evidente, inaccettabile, portatore di ulteriore odio. 

 

Liverpool-Juventus all’Heysel, la partita

 

La partita si gioca, nonostante l’opposizione di Boniperti. Edoardo Agnelli non si capacita, l’Avvocato Agnelli, informato allo stadio dell’accaduto, ordinerà al suo autista di riportarlo via. La UEFA conferma alle due squadre che il risultato sarà a tutti gli effetti valido. A quel punto, alcuni giocatori chiave della Juve vanno a parlare con i tifosi. Viene letto un comunicato da capitan Scirea e capitan Phil Neal, dei Reds: "La partita verrà giocata per consentire alla forze dell'ordine di organizzare al termine l'evacuazione dello stadio. State calmi, non rispondete alla provocazioni. Giochiamo per voi".

 

Alcune televisioni si rifiutano di trasmettere la partita, la tv austriaca ORF manda in onda una scritta che dice tutto: "Questa che andiamo a trasmettere non è una manifestazione sportiva, ma una manifestazione volta a evitare massacri". Si gioca in un clima surreale: i sopravvissuti cercano di raggiungere la tribuna stampa per dire che loro, almeno loro, sono vivi. Platini segnerà il rigore della vittoria della squadra di Ancelotti, festeggia come se nulla fosse, dirà di non essere stato informato. La squadra festeggerà la Coppa sotto la Curva, altro motivo di grandissime polemiche e veleni. Una vittoria insanguinata, si dirà poi. Una strage. 

 

L’Heysel, il processo

 

Per quel sangue finirono sotto processo 25 hooligans, oltre ad Albert Roosens, il capo della federcalcio belga, e i due responsabili dell’ordine pubblico di quella serata. Un buco nell’acqua: lievi condanne con la condizionale a 14 hooligans, mentre l'UEFA, lo Stato e la Federazione belga furono condannati a risarcire le famiglie delle vittime.

Risarcimenti inferiori alle attese: tra i 14 e i 400 milioni. La Thatcher chiese e ottenne la squalifica di tutte le squadre inglesi dalle competizioni europee per 5 anni (6 per i Reds), impegnata in una disperata e durissima lotta per reprimere gli hooligans. Passerà alla storia come “modello inglese”, non ha impedito la strage dell’Heysel.