Come giocava il Milan di Ancelotti? Formazione titolare, modulo e stile di gioco
Quello del Milan di Carlo Ancelotti è uno dei periodi più gloriosi della storia recente del club rossonero. Tra il 2001 e il 2009, sotto la guida dell'allenatore emiliano, il Milan ha vinto due Champions League (2003 e 2007), una Coppa del mondo per club (2007) due Supercoppe europee (2003 e 2007), uno scudetto (2004), una Coppa Italia (2003) e una Supercoppa italiana (2004). Nel corso della sua carriera Ancelotti ha sempre avuto dei capisaldi, principi intorno al quale organizzare la squadra disponendola nel rispetto delle caratteristiche dei giocatori. Questa duttilità ha fatto sì che pur insistendo sull'importanza del possesso palla e del gioco ragionato, ma con un focus altrettanto marcato sulle transizioni rapide, il suo Milan conoscesse diversi modi di stare in campo.
Carlo Ancelotti ha collezionato 420 panchine al Milan, per cui è ovvio che trovare un undici di base costante sia impossibile. Si possono trovare però elementi imprescindibili e soluzioni tattiche importanti, come ad esempio il suo famoso albero di Natale, se si prendono a parametro le squadre schierate nelle tre finali di Champions League disputate nel 2003, 2005 e 2007.
La finale del 2003: il Milan di Ancelotti fondato su una difesa impenetrabile
La prima grande vittoria del Milan di Ancelotti arriva nel 2003, quando la squadra conquista la Champions League battendo la Juventus ai rigori nella finale di Manchester. In quella stagione, la formazione tipo del Milan si basava su una solida difesa: A Maldini, già una leggenda del calcio mondiale, si affiancava Nesta, che ne rappresentava il perfetto complemento con la sua velocità, eleganza e intelligenza tattica.
Sulle fasce difensive, Costacurta e Kaladze (alternati a Cafù che dava maggior spinta) aggiungevano esperienza e copertura. Davanti alla difesa, Pirlo era affiancato da Gattuso e Seedorf, formando un centrocampo bilanciato tra qualità e quantità. L’attacco, spesso con Rui Costa a supporto, era composto da Andriy Shevchenko e Pippo Inzaghi.
In questa finale, però, il Milan fece leva soprattutto sulla solidità difensiva, tenendo testa a una Juventus altrettanto preparata tatticamente, ma priva di idee in fase offensiva. Fu una partita bloccata e tesa, che terminò 0-0 dopo i tempi supplementari, con il Milan che prevalse ai rigori grazie a Dida, altro pilastro della squadra.
Formazione Milan finale Champions 2003 (4-3-1-2): Dida; Costacurta, Nesta, Maldini, Kaladze; Pirlo, Gattuso, Seedorf; Rui Costa; Shevchenko, Inzaghi. All. Ancelotti
La delusione del 2005: Istanbul e la finale incredibile
La finale del 2005 a Istanbul è uno degli episodi più drammatici nella storia del Milan, che dopo un percorso brillante arrivò a sfidare il Liverpool. Ancelotti schierò una formazione simile a quella del 2003, ma con alcuni cambiamenti significativi. Kakà era ormai diventato il cuore pulsante della squadra, giocando alle spalle delle punte e fornendo assist e giocate decisive con la sua tecnica e velocità. Dietro di lui, ancora una volta il trio Pirlo, gattuso e Seedorf, mentre davanti imperversavano Crespo e Shevchenko.
Il Milan si portò sul 3-0 già nel primo tempo grazie ai gol di Maldini e Crespo (doppietta). Sembrava una finale già decisa, ma nel secondo tempo il Liverpool, guidato da Steven Gerrard, riuscì in una rimonta clamorosa, pareggiando 3-3 in sei minuti. Nonostante la superiorità tecnica dei rossoneri, la squadra crollò psicologicamente e venne sconfitta ai rigori.
Formazione Milan finale Champions 2005 (4-3-1-2): Dida; Cafu, Nesta, Stam, Maldini; Pirlo, Gattuso, Seedorf; Kakà; Crespo, Shevchenko. All. Ancelotti
Il riscatto del 2007: Atene e la rivincita
Due anni dopo, nel 2007, Ancelotti e il Milan si presero la rivincita, ancora una volta in finale contro il Liverpool. La squadra aveva ormai assimilato perfettamente un nuovo sistema di gioco e, con qualche cambio nella formazione, adottava stabilmente l’albero di Natale, che prevedeva una sola punta pura.
In quella stagione, Kakà era al massimo della forma e vinse il Pallone d’Oro grazie a prestazioni straordinarie, in particolare in Champions League. In difesa, Nesta e Maldini continuarono a essere una garanzia, mentre Oddo e Jankulovski erano i terzini titolari. A centrocampo, Pirlo, Gattuso e Ambrosini formvano un trio perfetto, con Kakà e Seedorf a supporto di Inzaghi, scelto come unica punta.
La finale del 2007 fu molto diversa da quella del 2005: il Milan restò concentrato e attento, e Pippo Inzaghi, con due gol da vero rapinatore d'area, regalò ai rossoneri il titolo europeo.
Formazione Milan finale Champions 2007 (4-3-2-1): Dida; Oddo, Nesta, Maldini, Jankulovski; Pirlo, Gattuso, Ambrosini; Seedorf, Kakà; Inzaghi. All. Ancelotti
I capisaldi del Milan di Ancelotti: Dida, Maldini, Nesta e la difesa a 4.
Durante il suo ciclo al Milan ci sono stati elementi imprescindibili nelle formazioni di Ancelotti. Per cominciare il tecnico non ha mai rinunciato alla difesa a 4, che prevedeva Dida in porta e le colonne azzurre Maldini e Nesta. Per il capitano nel corso dell’esperienza ancelottiana c’è stato anche uno spostamento di ruolo, perché ha ricoperto sia il ruolo di centrale nel 2003 e nel 2007, che l’antico ruolo di terzino sinistro nel 2005, lasciando spazio accanto a Nesta al gigante olandese Stam. Kaladze e Costacurta occupavano le fasce nel 2003, Cafù completava a destra quella che in quel momento era probabilmente la miglior linea difensiva del mondo nel 2005, mentre l’azzurro Oddo e Jankulovski spingevano sulle fasce nella finale del 2007.
Gli intoccabili di centrocampo: Pirlo, Gattuso e Seedorf
Nelle tre finali di Champions ci sono stati altri giocatori su cui Carlo Ancelotti ha voluto puntare sempre dal primo minuto: Pirlo, Gattuso e Seedorf.
Quello di Andrea Pirlo è probabilmente il vero capolavoro tattico di Carlo Ancelotti: nato come trequartista dotato di ottima tecnica, Pirlo non aveva fatto ancora la differenza a livello internazionale. L’intuizione di Ancelotti di arretrarne il raggio d’azione davanti alla difesa, sfruttandone visione di gioco e facilità di lancio e sottraendolo alle marcature più pressanti, furono il segreto del suo Milan e dei successivi trionfi della nazionale al mondiale del 2006 e delle Juventus di Conte e Allegri.
Accanto al genio di Pirlo Ancelotti capisce che ha bisogno di un giocatore di quantità, capace di giocare a ritmi alti e recuperare palloni: in questo ruolo il protagonista assoluto è Gennaro Gattuso, unico in grado di garantire la copertura necessaria a un centrocampo di grandissima qualità.
Discorso a parte per l’ultimo degli intoccabili, Clarence Seedorf. L’olandese garantisce tecnica, creatività, forza fisica e gol, e Ancelotti non ci rinuncerà mai. Anche nella finale del 2007, quando il modulo ad “albero di Natale” imporrà l’inserimento di Ambrosini, Seedorf sarà inserito dietro Pippo Inzaghi a garantire insieme a Kakà, rifornimenti e pericolosità in attacco.
Gli attaccanti, qualità, e duttilità, dalle due punte all’albero di Natale
Negli anni in cui ha allenato il Milan, Ancelotti ha potuto contare su grandissimi attaccanti. Da uno strepitoso numero dieci come Rui Costa, è passato al fantastico brasiliano Kakà, uno dei migliori del mondo nel ruolo.
In attacco Shevchenko e Inzaghi hanno fatto coppia alternandosi tra gli altri con Crespo (che ha disputato al posto dell’italiano la finale del 2005), mentre la vera novità giunge con il modulo ad una punta che trionfa nella finale del 2007: Filippo Inzaghi è esaltato da Kakà e dall’avanzamento di Seedorf e sigla la doppietta decisiva.
Un Milan indimenticabile
Dalla trionfale stagione 2006-2007, il marchio di fabbrica di Ancelotti è stato il modulo a "albero di Natale", un 4-3-2-1 che si distingue per solidità difensiva e capacità di mantenere il controllo del pallone. Al Milan il 4-3-2-1 permetteva di avere equilibrio sia in fase offensiva che difensiva, con un atteggiamento flessibile: quando aveva il possesso, i centrocampisti si inserivano e si spostavano, creando spazi per i giocatori più avanzati come Kakà e Seedorf, mentre la difesa restava protetta da Gattuso e Ambrosini.
Al Milan prima che altrove, Ancelotti ha saputo costruire una squadra non solo vincente, ma anche capace di esprimere un gioco elegante e sofisticato, ispirato alla tradizione tecnica del calcio italiano, ma aperto a influenze tattiche moderne. La sua intuizione sul modulo ad “albero di Natale”, resta ancora oggi un modello per molti allenatori.