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Gungrave G.O.R.E.: recensione dell’ultimo capitolo

Nell’era della PlayStation 2, che sembra tanto lontana e che ha accompagnato i primi giocatori di videogiochi del nuovo secolo, si nascondono alcuni elementi che hanno riscontrato grande successo all’inizio per la loro innovazione, per poi finire nel dimenticatoio un decennio dopo.

Tra questi tesori nascosti c’è Gungrave, il titolo della software house coreana IGGYMOB, uscito in due capitoli rispettivamente nel 2002 e nel 2005, per poi essere rimasto inattivo fino a oggi. Infatti, è recente l’uscita dell’ultimo capitolo del franchise, chiamato Gungrave G.O.R.E., un titolo che ha riempito i nostalgici di aspettative, ma che si è rivelato non all’altezza né dei vecchi giocatori né delle nuove generazioni che non conoscevano il prodotto.

Il gioco è attualmente disponibile su PC tramite la piattaforma Steam, PlayStation 4, PlayStation 5 e su console Xbox (al lancio su Game Pass). Se abbiamo stuzzicato la tua curiosità, ti interesserà la nostra recensione su Gungrave G.O.R.E.

Cosa è andato storto con Gungrave G.O.R.E.

Dal punto di vista della trama, Gungrave G.O.R.E. resta coerente con i due capitoli precedenti. Dopo una breve introduzione, viene spiegato che Grave deve fermare ancora una volta la diffusione della droga SEED, la quale trasforma gli esseri umani in veri e propri mostri. Ecco allora che ci troviamo direttamente per le strade di Scumland a sparare a chiunque ci capiti a tiro.

In effetti, come sparatutto il gioco si mantiene a un livello piacevole e risulta adatto a chi non preferisce i fronzoli drammatici della trama, ma vuole arrivare subito al punto sparando a tutta forza.

Una nota di merito riguarda anche la possibilità di vedere la storia completa, narrata e con immagini a schermo che facilitano la comprensione, che permette a chi sta giocando di avere un’idea precisa della trama, senza dover leggere un lungo testo scritto.

Ma passiamo ai tasti dolenti. Chi si è divertito con i titoli precedenti e non è stato molto presente nel mondo degli action degli ultimi vent’anni, probabilmente troverà G.O.R.E. ancora divertente e piacevole da giocare. Tuttavia, gli appassionati del settore possono trovare fin da subito alcuni difetti, a partire dal sistema del gameplay e del level design che più che nostalgici (come vorrebbe essere il titolo) sono proprio vecchi, quasi obsoleti.

I livelli che compongono il gioco sono lineari, con ondate di nemici, talvolta irritanti, che cercano di sopraffare Grave, il quale cercherà di difendersi con il suo arsenale. Una costante all’interno di G.O.R.E. è la pesantezza: non si possono fare grandi schivate, o muoversi in maniera agile, ma è tutto uno “prendi colpi, dai cazzotti e spara a chiunque”. Su questo non c’è alcuna innovazione rispetto ai titoli di vent’anni fa.

Il sistema di combattimento porta il giocatore a tenere le combo attive più a lungo possibile, in modo da aumentare i Beat Count: sparando vi ritroverete a premere R2 in maniera ossessiva.

Un altro elemento poco apprezzato è il riciclo di asset quasi spasmodico e in particolare in relazione ai nemici che risultano praticamente gli stessi lungo tutto il gioco. In un titolo che prevede ondate di avversari, sarebbe stato carino puntare sulla creatività anche da questo punto di vista.

Infine, con l’avanzare dei livelli si riscontrano dei problemi anche per quanto riguarda i checkpoint, che sono fin troppo punitivi per un gioco in cui le morte istantanee sono all’ordine del giorno.

Nel complesso, è un peccato che il team di sviluppatori non abbia fatto di meglio, in quanto così com’è il gioco può divertire solo chi ha amato i titoli precedenti, ma non regge il confronto con i prodotti usciti negli ultimi tempi.

Paolo Carta

Paolo collabora da anni con diversi magazine online e riviste cartacee del settore automotive. Appassionato di cinema, viaggi e di sport, non disdegna critiche e giudizi avversi alle serie tv. Nato nel 1978 nella provincia capitolina, è romano ma non romanista.

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