privacy

Ecco perché non dovremmo mai inviare i video su WhatsApp

Era il 2007 quando la tecnologia cambiò definitivamente le nostre vite. Come? Con l’avvento degli smartphone.

I primi messi in circolazione pur non avendo app avevano libero accesso alle mail, ad internet e a sistemi di comunicazione gratis interni come quello del Blackberry.

Dopo poco con l’avvento del primo iPhone ed anche la nostra privacy ha iniziato a sparire!

La protezione dei nostri dati personali è una delle più grandi preoccupazioni del nostro tempo. Che sia una videochiamata, un’applicazione o qualsiasi altra funzione sappiamo che come il nostro smartphone o computer connesso ad internet noi potremo perdere qualsiasi tipo di privacy.

Questa problematica odierna è così rilevante da andare oltre il campo tecnologico.

La privacy: non è più un nostro diritto con l’accesso alla tecnologia

Nonostante la completa assenza di privacy, da quando usiamo strumenti tecnologici come computer, smartphone e laptop nella nostra testa è subentrata la convinzione che nulla di grave possa succedere.

Teoricamente esistono sistemi di codifica per WhatsApp e Telegram che ci consentono di stare tranquilli almeno su quanto scriviamo e inviamo attraverso queste due app.

Ma recentemente un team di esperti di Symantec ha diffuso un documento in cui viene spiegato come sia possibile in realtà per gli hacker usare delle particolari app per venire in possesso nei nostri file personali, inviati o ricevuti.

L’irrisolutezza dei servizi di messaggistica è che questi conservano i file attraverso uno storage esterno. 

Per esempio di default WhatsApp, il servizio di messaggistica più utilizzato del globo, usa memorie esterne, idem Telegram che utilizza lo storage esterno quando l’opzione “Salva nella galleria” risulta non disponibile.

Ciò comporta che sistemi come WhatsApp e Telegram stanno perdendo credibilità e fiducia da parte degli utenti: insomma i creatori delle app dovranno trovare il modo di rimediare il più velocemente possibile.

Carolina Corbò

Carolina Corbó, classe 1994, lavora nel campo della comunicazione digitale e dei social media dal 2016.

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